Fin dalla scoperta dei resti nel 1907 - il sito di sepoltura della coppia è stato rinvenuto a Deir Rifeh, villaggio a 250 miglia a sud del Cairo, negli scavi diretti da due noti archeologi, Flinders Petrie e Ernest Mackay - alcuni esperti hanno espresso dubbi sulla consanguineità delle due mummie. Così nel 2015, per tentare di fare chiarezza, è stato estratto dai loro denti il Dna antico. A mettere la parola fine al dibattito sulla parentela dei due sacerdoti sono stati scienziati dell'università di Manchester che hanno utilizzato una tecnica di sequenziamento del Dna di nuova generazione. Il loro studio è pubblicato sul Journal of Archaeological Science. L'esame ha mostrato che sia Nakht-Ankh che Khnum-Nakht appartenevano all'aplotipo mitocondriale M1a1, dato che suggerisce una relazione materna. Mentre le sequenze del cromosoma Y, pur meno complete, mostravano variazioni tra le mummie, indicando che i due avevano padri diversi, e quindi erano molto probabilmente dei fratellastri.
«È stato un viaggio lungo ed estenuante - racconta Konstantina Drosou della School of Earth and Environmental Sciences dell'ateneo di Manchester, che ha condotto il sequenziamento del Dna - ma siamo finalmente arrivati qui.
Sono grata di aver potuto aggiungere un pezzo piccolo, ma molto importante al grande puzzle della storia e sono certa che i due fratelli sarebbero molto orgogliosi di noi. Questi momenti sono quelli che ci fanno credere nel Dna antico». Le ricostruzioni che prendono le mosse da questo dato scientifico, ammette Campbell Price del Manchester Museum, «saranno sempre speculative in una certa misura». In altre parole, non è ancora chiaro se uno dei fratelli sia stato adottato (come ipotizzato in passato), se la madre avesse una relazione segreta e se il vero lignaggio di uno dei ragazzi sia mai stato pubblicamente riconosciuto. «Ma essere stati in grado di collegare questi due uomini è un primo eccitante passo», aggiunge. L'indagine continua. Cold case millenario.
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