Usa, 24 anni in carcere da innocente: non era stato lui a uccidere una turista

Usa, 24 anni in carcere da innocente: non era stato lui a uccidere una turista
di Federica Macagnone
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Domenica 19 Febbraio 2017, 17:44 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 14:55

Quando la polizia fece irruzione alle 4 del mattino nella sua casa di New Orleans e gli mise le manette ai polsi, pensava fosse uno scherzo. Robert Jones non aveva alcuna idea di cosa stesse succedendo: sapeva solo che la squadra omicidi lo stava portando in prigione. «Non avevo fatto nulla di male - ha raccontato - Pensavo che mi avrebbero lasciato stare, ma non è successo». Oggi lui ha 44 e ha trascorso 24 anni nel carcere di Angola, in Louisiana, da innocente, con l'accusa di aver ucciso la turista britannica Julie Stott, di aver stuprato un'altra donna e di essere coinvolto in tre rapine.

L'arresto. Dal 18 aprile 1992, data dell'arresto, sono passati quasi 25 anni, ma solo adesso Robert può considerasi un uomo libero: è uscito di prigione a dicembre del 2015, ma solo a fine gennaio l'accusa ha dichiarato che non ricorrerà in appello. Un terribile errore giudiziario che aveva preso il via dal quotidiano The Sun che aveva sbattuto Robert in prima pagina, definendolo «una bestia cresciuta in un inferno puzzolente» e vantandosi di aver inchiodato l'assassino di Julie, 27enne di Greater Manchester, uccisa la sera del 14 aprile 1992, mentre era in vacanza a New Orleans con il fidanzato, Peter Ellis.

I due stavano camminando in strada quando un uomo armato intimò loro di sdraiarsi a terra. Peter e Julie reagirono all'ordine troppo lentamente e il malvivente fece fuoco, colpendo fatalmente la donna alla testa. Pochi giorni dopo fu chiaro che quello faceva parte di una serie di attacchi premeditati, tutti messi in atto da un uomo che si aggirava per la città su una Delta 88 marrone con un tetto bianco: sei giorni prima dell'omicidio, lo stesso uomo aveva rapinato e violentato una donna e poco dopo aveva messo in atto altre due rapine. Per giorni la polizia ha brancolato nel buio fino a quando non è entrato in scena il giornale The Sun: offrendo la cifra di 10mila sterline a chiunque avesse informazioni, scatenò una "corsa all'oro" tra la gente della povera comunità di colore di New Orleans che iniziò a bombardare di telefonate la polizia dando informazioni. È stato durante una di quelle conversazioni che uscì fuori il nome di Robert, che venne arrestato nel suo appartamento mentre era a letto con la sua fidanzata Kendra.

L'inferno della prigione. «Sono stato portato all'Orleans Parish Prision, un luogo violento, pericoloso, pieno di tossicodipendenti che tentavano di disintossicarsi - ha raccontato Robert - Sono stato rinchiuso in una cella minuscola con quattro letti a castello e dove c'erano continuamente scontri soprattutto per il cibo. In pochi mesi ho subìto diversi infortuni, tra cui polsi e dita rotte. Lì dentro c'era l'anarchia, i prigionieri erano fuori controllo. Dopo due settimane di carcere, Kendra mi ha comunicato che sarei diventato padre: ero felice e triste allo stesso tempo. Prima di mettere piede là dentro non avrei mai potuto immaginare quante persone innocenti vengano condannate ingiustamente. Adesso so che è possibile e che tutto ciò accade veramente». E i numeri gli danno ragione: in Louisiana, dal 1991, quarantaquattro prigionieri condannati all'ergastolo o nel braccio della morte sono stati scarcerati.

Ma Robert non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe successo l'impensabile. Due giorni dopo il suo arresto, un uomo armato chiese a una coppia di sdraiarsi a terra e rubò loro i gioielli. Poi sfrecciò su una Delta 88 con il tetto bianco. Questa volta, la polizia, guidata dal detective James Stewart, rintracciò l'auto e arrestò il suo proprietario, Lester Jones: nella sua casa venne trovata la refurtiva delle rapine e una pistola identica a quella usata per l'omicidio di Julie. L'uomo finì in carcere e nel 1994 venne condannato al carcere a vita. Tuttavia Robert non venne rilasciato: secondo il procuratore Harry Connick, tra i due c'era un legame: sarebbe stato lo stesso Lester, infatti, ad aver raccontato di una complicità in realtà totalmente inesistente.
 

 


La condanna. Robert venne condannato al carcere a vita, ma gli venne proposta una via d'uscita: se si fosse dichiarato colpevole dell'omicidio di Julie, avrebbe potuto evitare un secondo ergastolo. L'avvocato difensore lo persuase e l'uomo venne condannato a 25 anni di carcere. Venne trasferito nel terribile carcere di Angola, da dove la maggior parte dei detenuti non esce vivo: o perché condannati a morte o perché ergastolani. «Per i primi anni ho lavorato nei campi di cotone - ha raccontato Robert - Era come nei vecchi film: una guardia a cavallo con il fucile da caccia che tiene sotto scacco i braccianti, per lo più afro-americani. Era una situazione degradante. Dal momento in cui sono stato rinchiuso là dentro ho visto morire ogni mese tre persone che conoscevo per malattie cardiache, per il cancro o perché condannate a morte. Ero determinato a cercare di combattere per trovare la mia via d'uscita: ho preso il diploma e ho studiato diritto. Stavo per cedere il passo alla depressione quando mio fratello Pierre è stato ucciso in strada, senza alcun motivo, mentre cercava di raccogliere fondi per un buon avvocato. Con quello che avevamo non sarei riuscito mai ad averne uno, per questo ho iniziato a studiare. Poi, nel 2002, ho scritto ai legali dell'Innocence Project New Orleans ».

La svolta. È stata quella lettera a determinare la svolta: il caso è stato preso in mano da Emily Maw e Richard Davis che si sono battuti affinché un innocente non rimanesse dietro le sbarre.
E così è venuto fuori che Lester era stato picchiato dalla polizia ed era stato costretto a dire di conoscere Robert, che una serie di prove ammissibili erano state respinte e che l'identikit dell'assassino non corrispondeva minimamente a Robert. Durante gli anni di battaglia legale, lo stesso detective che aveva fatto le indagini si disse convinto che erano stati fatti degli errori e che il testimone che aveva parlato di due persone coinvolte nell'omicidio, era stato “convinto” a cambiare la versione dei fatti. Robert è stato rilasciato dal carcere Angola alla fine del 2015. Ma solo ora è veramente libero: la procura ha detto che non farà appello e lui potrà dedicarsi ai suoi tre figli e alla sua attività di imprenditore nel settore immobiliare: «Ho sfidato un sistema che voleva distruggermi. Ho perso un sacco di anni, ma ho avuto l'opportunità di studiare e di interagire con tante grandi persone. Tuttavia, in tutti questi anni, nessuno mi ha mai detto "mi dispiace". Questo è pazzesco, non è vero?».

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