Centrodestra, patto a quattro: Berlusconi firma l'intesa con i centristi. Ma nel Lazio è stallo

Centrodestra, patto a quattro: Berlusconi firma l'intesa con i centristi. Ma nel Lazio è stallo
di Marco Conti
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Sabato 20 Gennaio 2018, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 16:08

«Eravamo certi che il presidente Berlusconi avrebbe riconosciuto la dignità e l'importanza dell'Udc-Noi con l'Italia. Saremo il cuore liberale e Democratico cristiano della coalizione di centro destra». Il grazie di Lorenzo Cesa è solo per il Cavaliere e volutamente esclude sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini. La quarta gamba del centrodestra ottiene alla fine ciò che aveva sperato. Una ventina di collegi più o meno sicuri e un'altra decina in bilico. Merito del Cavaliere che alla fine, e dietro pressione di Antonio Tajani, piega i riottosi alleati alla logica della coalizione tirando però fuori di tasca propria un altro pacchetto di collegi.

UNA DECINA
Un passo in avanti vissuto con molte difficoltà e con alleati pronti all'insulto pur di non cedere spazi ad un partito che Salvini considera una sorta di dependance di Forza Italia e FdI neppure considera in quanto «l'accordo l'ha fatto FI e non la coalizione». Ventuno sono i collegi che vengono riconosciuti a Noi con l'Italia, mentre una decina sono quelli che il Cavaliere ha promesso dei suoi. La soluzione è stata trovata ieri mattina dopo una nottata di scontro e un giro di telefonate che Tajani ha fatto con i coordinatori regionali del partito. Decisiva la chiacchierata del presidente del Parlamento Europeo con Gianfranco Miccichè, proconsole azzurro in Sicilia. «Senza Saverio Romano perdiamo di sicuro venticinque collegi», è stata l'analisi di Miccichè che alla fine ha convinto il Cavaliere.

Senza contare il peso che nel Mezzogiorno ha anche Raffaele Fitto. Constatato che il dare era meno dell'avere, Berlusconi ha rotto gli indugi, ha aperto il portafoglio e tirato fuori quanto mancava a far spuntare un sorriso alla coppia Cesa-Fitto. La soluzione trovata non rasserena il clima interno alla coalizione. La gara tra FI e Lega sulla leadership e su chi porta più eletti in Parlamento è durissima. Una competition che rischia di trasferirsi nelle urne.

Berlusconi fatica a contenere l'esuberante Salvini che non intende riconoscere la leadership del Cavaliere e tantomeno il peso politico ai centristi di Cesa e Fitto. Ieri sera, la paradossale gara a regalarsi ministeri l'un con l'altro si è arricchita di una nuova puntata. Ieri l'altro Berlusconi aveva detto di vedere bene Salvini al Viminale e ieri il segretario della Lega ha sostenuto che il Cavaliere farebbe bene alla Farnesina. In attesa di registrare chi per primo piazza l'altro al ministero della Solitudine, made in UK, le diffidenze e i sospetti impediscono l'individuazione del candidato per le regionali del Lazio. Sulla carta ormai la sfida sembra essere a due anche se Sergio Pirozzi gode ancora del sostegno, più o meno palese, della Lega. Maurizio Gasparri, che resta in pole position, ieri è andato in tv a raccontare una lite tra Salvini e Meloni sul nome di Rampelli e ovviamente i due non hanno gradito.

IL PIACERE
La partita del Lazio si intreccia con quella sui collegi, non ancora divisi tra FI, Lega e FdI, e con la scelta dei candidati alle regionali in Friuli e Molise dove però si voterà a fine aprile e non il 4 marzo. Un intreccio di veti dove FI potrebbe rinunciare alla candidatura del Lazio in favore di Rampelli, ma pretende di poter esprimere il candidato in Friuli dove invece la Lega ha già pronto Fedriga. «Propongo Rampelli per il Lazio» e «credo nella lealtà degli alleati», ha sostenuto ieri in tv Giorgia Meloni leader di FdI che nel Lazio è il partito più importante del centrodestra. Ma per ottenere la candidatura di Rampelli, FdI dovrebbe cedere qualche collegio oltre che rinunciare a Friuli e Molise e questo non piace agli ex di An che a Trieste hanno tenuto di recente il loro congresso. In attesa dell'ennesimo sondaggio, stavolta commissionato da FdI, la situazione si incarta a tutto vantaggio di Zingaretti e della Lombardi.

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