Comunali, la rabbia di Grillo: «Basta con il dialogo»

Comunali, la rabbia di Grillo: «Basta con il dialogo»
di Stefania Piras
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Lunedì 12 Giugno 2017, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 16:21

dal nostro inviato

PARMA - «Avevamo sensazioni negative» dicono a mezza bocca, via chat, senza emoticon ma con rabbia. Brucia questa battuta d'arresto evidente del M5S che era persino riuscito a portare in piazza, di nuovo, Beppe Grillo: da Palermo a Genova fino ad Asti. E invece, secondo i primi dati parziali, le cinque città sorvegliate speciali che il M5S credeva di poter portare al ballottaggio sono tutte fuori gioco: Genova (20%), Taranto (12%), Carrara, Trapani (nel 2013 era la città più gialla d'Italia con il 40 per cento dei voti) e Oristano, Verona (11%). Il Pd temeva anche Alessandria.

Un anno fa c'era una situazione molto diversa: il M5S aveva portato a casa 19 vittorie su 20 ballottaggi. Risultato: ora comincerà la fase di autocritica e di divisioni interne. Nel mirino finirà l'uomo immagine dei Cinque Stelle nonché candidato premier: Luigi Di Maio che già ieri mattina cercava di attutire la possibile botta usando le stesse parole del segretario Pd Renzi: «è un voto locale e non nazionale». In queste ore descrivono un Grillo che oscilla fra delusione e rabbia. Il processo interno è già partito. Il primo effetto di questa botta sarà: freno a mano tirato su quella propensione al dialogo che il M5S, e soprattutto Luigi Di Maio, aveva intavolato sulla legge elettorale che si basava su sondaggi e dunque sull'ottimismo. E proprio il negoziatore della legge, Danilo Toninelli ieri sera commentava i risultati come se il Movimento si fosse affacciato alle amministrative per la prima volta: «La gente comincia a conoscerci ora. Vedrete che saremo se non la prima la seconda forza politica nazionale, al di là dello schermo delle finte liste civiche». «I nostri non hanno gli apparati degli altri candidati sindaci - ha continuato - che si nascondono dietro le accozzaglie di coalizioni nelle quali spariscono i simboli dei loro partiti».

E invece questa tornata elettorale che comprendeva 25 comuni capoluoghi su e giù per l'Italia è un test locale ma reale dell'appeal pentastellato sui territori. E le proiezioni che sono apparse già dai primi exit poll non hanno fatto che confermare le storiche debolezze del M5S: i risultati più rassicuranti ma non brillanti nelle zone disagiate, nel sud Italia, mentre al nord Il Movimento non sfonda. Grillo ieri sui social ricordava che «Il MoVimento 5 Stelle è presente con le sue liste in 225 comuni ed è la forza politica nazionale più presente a questa tornata, il Pd infatti si presenta con il suo simbolo in appena 134 comuni». Un messaggio chiaro: stiamo diventando forti sul territorio, anche così. Ma più liste del Pd hanno comunque totalizzato un risultato peggiore del Pd.

FUOCO AMICO
E infatti i falchi del M5S non aspetteranno molto per commentare la débacle e infilarci dentro accuse all'ala governista e quindi a Luigi Di Maio, che è responsabile degli enti locali insieme ai suoi sodali Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Aspettative deluse a Genova, dove il candidato di fatto imposto da tutta la filiera dei vertici, Luca Pirondini, non accede al ballotaggio (fermo al 20 per cento) nonostante la campagna elettorale chiusa da pesi massimi: Grillo stesso, Luigi Di Maio e Alice Salvatore. Il Movimento nel capoluogo ligure si presentava diviso in tre con un candidato ufficiale, un ex (Paolo Putti al 5 per cento) e una espulsa, Marika Cassimatis (poco sopra l'1 per cento) che aveva vinto le primarie online ma Grillo non aveva voluto candidare dicendo «Fidatevi di me». A Palermo Ugo Forello ha pure scontato una dose massiccia di fuoco amico: i parlamentari palermitani capitanati da Riccardo Nuti, finito indagato per la vicenda delle firme false, non hanno mai riconosciuto il candidato ufficiale e anzi lo hanno attaccato pesantemente. Anche a Trapani, altra città della Sicilia che è un test per le prossime regionali dove correrà Giancarlo Cancelleri, non basta nemmeno il putiferio giudiziario che invece da Parma a Roma è sempre stata una carta vincente per il Movimento. Insomma una vera e propria doccia fredda. Una riflessione a parte sarà poi dedicata a Parma, dove Daniele Ghirarduzzi non ha raggiunto il 4 per cento.

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