Ritorniamo al Presepe, ​il Natale ci richiama ad un altro mondo di valori per dare senso alla vita

di Cardinal Agostino Vallini*
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Sabato 13 Dicembre 2014, 22:17 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 00:15
Le vicende che nelle ultime settimane hanno scosso la città di Roma e le sue istituzioni più rappresentative invitano ad una attenta e responsabile riflessione.



La fase storica che viviamo evidenzia una chiara “emergenza sociale”. Quali le cause? Ne richiamo due. La terra è un pianeta che va sempre più urbanizzandosi. Nelle città si concentrano potere, ricchezza, tecnologia, insieme a povertà, emarginazione, degrado, tensioni sociali, malavita. Il fenomeno immigrazione, in crescita inarrestabile, è una nuova variabile della complessità. Nelle città vivono insieme cittadini, cittadini a metà, non-cittadini, individui scartati. In un tempo di crisi economica prolungata, le disuguaglianze aumentano. Cresce l’isolamento, la paura, la violenza. Lo conferma l’ultimo Rapporto del Censis, che definisce gli italiani “più soli, impauriti, vulnerabili, cinici”. Il cinismo appunto è il terreno fertile di quanti, con scaltrezza e abuso di potere, lucrano illegalmente sul disagio sociale.



Non meno importante è un’altra causa, più profonda, che tocca il sentire intimo delle persone, di cui poco si parla. Mi riferisco alla mancanza di un orizzonte spirituale alto, da cui dovrebbero avere origine le motivazioni che muovono all’agire e i comportamenti conseguenti. Una bassa tensione spirituale conduce facilmente ad una morale liquida, che si modella a piacimento ed è la madre del compromesso, delle scorciatoie, dell’arrangiamento, della legittimazione di ogni piacere individualista, della corruzione; l’idolo dominante è il danaro, tanto danaro, e il potere, a qualunque costo, per procurarselo. Un orizzonte corto, che rinchiude in se stessi e non porta da nessuna parte, se non all’esasperazione delle relazioni sociali. Una china pericolosa, i cui effetti nefasti hanno logorato il tessuto sociale divenuto intollerante e dove la gente non si conosce, non socializza, non sente interesse per il bene comune.



Il Natale ci richiama ad un altro mondo di valori per dare senso alla vita. La grotta di Betlemme evoca semplicità, incontro, verità, gioia, pace. Gli umili pastori vanno alla grotta, si aprono alla luce che emana dal Bambino, offrono quel poco che hanno, ritornano lieti e raccontano la gioia vissuta. Mi domando: non abbiamo forse complicato troppo la vita quotidiana, il modo di ragionare, di impostare le relazioni, infarcendolo di eccessive attese e pretese, insieme a pregiudizi, sospetti, sfiducia reciproca? L’uomo, per natura è un essere in relazione, ha bisogno come l’aria di essere ascoltato e di ascoltare, di dialogare, di sentirsi rispettato, di vivere l’amicizia, di ricevere solidarietà. Una convivenza pacifica e inclusiva, quella che il Figlio di Dio, fattosi uomo per tutti, ha portato sulla terra. “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini di buona volontà”. E’ urgente una bonifica del clima culturale, morale e spirituale delle nostre città, insieme a lungimiranti politiche dove parole come dignità, giustizia, equità, solidarietà, logorate dalla ripetitività mediatica, diventino sostanza di un impegno paziente e fecondo di chi ci governa e di ogni cittadino. Merita attenzione dunque l’invito di Papa Francesco a superare “la cultura dello scontro” e di sviluppare la “cultura dell’incontro”, che a ben vedere è quella del presepe.



*Vicario del Papa per la diocesi di Roma