Il digiuno di Delrio/ Ius soli, lo strano sciopero della fame contro il governo di cui si fa parte

di Mario Ajello
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Venerdì 6 Ottobre 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 08:31
Lo sciopero della fame più inedito che ci sia. Una primizia o una stramberia. Dimentichiamo Gandhi («Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo»). O le suffragette inglesi del primo ‘900. E lasciamo perdere, naturalmente, anche Marco Pannella. Il leader radicale che digiunava, al netto di qualche cappuccino, contro un sistema politico rispetto al quale era estraneo e non vi figurava da ministro o da sottosegretario o da parlamentare di maggioranza. E nel caso del divorzio, ma anche in altri, i digiuni pannelliani riguardavano grandi questioni d’interesse generale, molto sentiti dalle persone. Mentre non si può dire che lo ius soli - in favore del quale Delrio e gli altri hanno promosso lo sciopero a staffetta, ossia un giorno di dieta a turno - sia in cima, come dicono tutte le statistiche, ai pensieri e alle esigenze degli italiani. 

Dunque, sembra contenere qualcosa di forzato questa protesta che i legislatori hanno allestito per spingere il legislatore, cioè loro stessi, a varare una legge che non riescono a varare perché non hanno i numeri parlamentari e l’appoggio politico dell’intera maggioranza per farlo. La turnazione del digiuno produrrà, tramite una paradossale lievitazione, quei numeri mancanti? Per ora, sembra piuttosto che stia attivando una spirale divisiva, la mia crociata contro la tua, è un’ennesima frattura in un Paese che non sente il bisogno di spaccarsi su un tema importante e delicatissimo ma scarsamente sentito e difettosamente maneggiato dai protagonisti in campo. 

Di sicuro, non s’è mai visto uno sciopero contro il governo di cui si fa parte e contro la propria maggioranza. Si è creato in questa occasione una sorta di finto schermo contro cui scagliarsi, quello dell’impossibilità di fare una legge perché in un governo di coalizione non tutta la coalizione è disposta a sostenerla, ed è lo schermo che riflette la propria immagine d’impotenza. Che nessun digiuno potrà ingrassare dei voti favorevoli che mancano. 
Il realismo, che è cosa diversa dall’ideologismo, dal cattocomunismo e dal bisogno politico di legarsi alla Chiesa bergogliana, avrebbe consigliato di evitare un’iniziativa così. Che consiste, tra l’altro, in uno sdoppiamento nel caso di un ministro come Delrio.

Da una parte l’etica della convinzione, quella che lo spinge alla protesta, e dall’altra l’etica della responsabilità, quella che lo spinge a restare nel governo che sta contestando. Ma la coerenza non dovrebbe contemplare questo sdoppiamento. Se si fa parte di un assetto politico in un ruolo di grande rilievo, o si accetta quello che il sistema produce - cioè si accetta il fatto che la maggioranza vigente è la ragione per cui un provvedimento non si può fare, essendoci un partito che non lo vuole - oppure, in base ai propri rispettabilissimi e legittimissimi valori, non lo si accetta e si esce dal contesto. Presentando le dimissioni e motivando liberamente le ragioni della scelta. Insomma, per dirla brutalmente, o stare dentro o stare fuori. La storia di ministri, di partiti o di pezzi di partiti sia di lotta sia di governo - a vela e a motore, come dicono i francesi - non è nuova e non ha mai portato troppo bene al centrosinistra. 

In questo strano sciopero della fame, si aggiunge poi un sentore di autoreferenzialità e un sapore di politicismo da scampoli di fine legislatura. C’è il tentativo, assai arduo, ormai improbabile, di usare lo ius soli come mastice simbolico per tenere insieme una sinistra che si avvicina al momento elettorale più polverizzata che mai e che ha estremo bisogno di un vessillo propagandistico da agitare presso il popolo progressista. Ma l’Italia, rispetto a tutto ciò, sembra situata in un altro pianeta. 
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