Legge elettorale, il Quirinale preme. Il nodo del decreto divide i costituzionalisti

Legge elettorale, il Quirinale preme. Il nodo del decreto divide i costituzionalisti
di Marco Conti
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Mercoledì 26 Luglio 2017, 16:54 - Ultimo aggiornamento: 27 Luglio, 19:54
ROMA “Ho espresso il mio rammarico per il dissolversi della prospettiva del metodo parlamentare delle larghe intese per regole comuni”. Sulla legge elettorale rimangono tuttora la norme vigenti con disomogeneità e lacune e vi è ancora la possibilità di intervenire; non aggiungo altro, la parola spetta al Parlamento”. Nel corso della cerimonia del Ventaglio e dei saluti alla stampa parlamentare, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna con poche battute sulla legge elettorale e ricorda la “disomogeneità” tra i due sistemi. 

Per capire quanto la necessità di un intervento sia politica o anche tecnica, occorrerà attendere l’autunno quando si proverà a ripartire con il sistema tedesco ora congelato a Montecitorio. Sull’autoapplicatività delle leggi scaturite dal doppio intervento della Consulta, si dividono i costituzionalisti. C’è chi sostiene non occorra nessun intervento e che si possa andare a votare con i due sistemi e chi invece sostiene che il legislatore sia obbligato ad intervenire con una norma primaria, ovvero con una legge, per sistemare soprattutto la preferenza di genere.

La dotta discussione non è però solo accademica. Un intervento legislativo a fine legislatura, magari per convertire un decreto, rischia di esporre a  rimaneggiamenti il sistema elettorale in maniera ben più ampia delle singole correzioni. Dallo sbarramento ai capilista bloccati, potrebbero mutare radicalmente i due sistemi. A rischio sono soprattutto i capilista bloccati che, ovviamente, in Parlamento sono sostenuti solo da quel 2% di parlamentari che hanno sufficiente certezze di essere nel proprio partito i primi della lista. Basterebbe un voto segreto, come peraltro già accaduto, per far saltare anche l’ultimo tentativo di correzione.

Marco Conti
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