Centrosinistra, Matteo Renzi sfida Grasso: la coalizione si fa col Pd

Foto: Ansa/Giorgio Benvenuti
di Marco Conti
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Domenica 12 Novembre 2017, 11:33 - Ultimo aggiornamento: 13:38
Il cantiere della coalizione Matteo Renzi lo apre domani mattina incontrando, prima della direzione del Pd, Emma Bonino, Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova. Primo faccia a faccia con un potenziale alleato, la nascente lista Forza Europa, e per ribadire nei fatti «che sulla linea dell'apertura nel Pd siamo tutti d'accordo». A cominciare dallo stesso Renzi che sempre domani - nella riunione di partito convocata per discutere anche del risultato elettorale siciliano e degli ultimi provvedimenti che il Pd vorrebbe veder approvati prima della conclusione della legislatura - sarà chiamato a dare più di un segnale a quella parte di sinistra che oggi si ritroverà all'assemblea di Campo Progressista.

I CRITICI
A sinistra il malumore è forte per quella sorta di autosufficienza che il Pd renziano è accusato di di coltivare quando evoca il 40% e «pensa di trattarci come Biancaneve e i sette nani», sostiene Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della regione Lazio, molto legato a Pisapia. Oltre all'ex sindaco di Milano, prenderanno oggi la parola la presidente della Camera, Laura Boldrini, Roberto Speranza (Mdp), il prodiano Giulio Santagata, il centrista Bruno Tabacci e una serie di esponenti di quella Cosa Rossa che potrebbe dividersi qualora dal Pd vengano rassicurazioni «sul programma e su un rapporto con pari dignità». Proveranno a rassicurare i presenti gli esponenti della minoranza Pd più critici con i vertici del Nazareno, come Gianni Cuperlo, Luigi Manconi e Cesare Damiano. «Una cosa buona che può fare Pisapia è quella di provare e legare parti che si allontanano», osserva Damiano, ex ministro e leader dell'ala laburista del Pd. Un compito che negli ultimi giorni è diventato particolarmente complicato a seguito della discesa in campo di Pietro Grasso. I suoi attacchi al Pd hanno scavato un solco difficilmente recuperabile, anche se al Nazareno non c'è voglia di polemizzare con colui che considerano «il frontman di Mdp».
Tra scissionisti e Pd continua una sorta di gioco del cerino su chi sarà responsabile di quella frattura a sinistra che avvantaggerebbe centrodestra e grillini. I pontieri dem, da Lorenzo Guerini ai ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, continuano a mandare segnali di apertura. E proprio l'area che fa riferimento ad Orlando avrebbe messo a punto un documento di minoranza che chiede di costruire una coalizione su cinque punti: il lavoro, senza riferimenti ad una riflessione sul jobs act, l' ambiente, la tassazione, la scuola, gli investimenti. L'attesa è per le parole che domani alle 15 pronuncerà Renzi in direzione - che potrebbero assorbire il testo della mozione della sinistra interna- anche se non mancherà una sorta di altolà temporale e un richiamo al senso di responsabilità diretto a Grasso e soci. Dal livello di «disponibilità e di autocritica», il gruppo che fa capo a Pisapia valuterà gli spazi per una possibile alleanza o per quell'apparentamento - evocato da Arturo Parisi - che porterebbe i due partiti a correre insieme ma senza un programma comune. Un po' come rischia di accadere nel centrodestra viste le diversità tra FI e Lega sull'Europa e sulla moneta unica. A sinistra la scissione nel Pd rende molto complicato ogni tentativo di apparentamento e il carattere proporzionale della legge elettorale, accentua le distanze.

LA MOZIONE
Non una parola ieri il segretario del Pd ha voluto spendere sul fronte dell'indagine che riguarderebbe i suoi genitori circa il fallimento di una cooperativa di servizi con sede a Rignano sull'Arno. La replica, su una notizia che viene definita «vecchia», è lasciata all'avvocato di famiglia e non sembra preoccupare né i suoi né lo stesso segretario del Pd. La direzione di oggi pomeriggio, alla quale prenderà parte anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, servirà a Renzi anche per fare il punto sul lavoro fatto con il treno Destinazione Italia, ma l'obiettivo del segretario resta quello dell'unità e quindi di un voto unitario sulla sua relazione.
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