Sindrome M5s, telefonate registrate
chat che si distruggono e dossier

Sindrome M5s, telefonate registrate chat che si distruggono e dossier
di Simone Canettieri
3 Minuti di Lettura
Domenica 8 Gennaio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 09:15
Taci, il grillino ti ascolta. O meglio: attento quando gli telefoni perché l’assessore, ma anche l’ultimo dello staff, si è scaricato, o sta per farlo, l’app che registra tutte le chiamate in entrata e in uscita. Quell’audio potrà essere usato contro di te. E quindi è meglio comunque parlarsi sempre di persona, dritti nelle palle degli occhi, magari lassù, sul tetto del Campidoglio, lontani da più o meno ipotetiche «cimici». Ma se questo non è possibile, l’unica soluzione «tranquilla» rimane la chat segreta di Telegram, dove i messaggi si autodistruggono e non ne rimangono tracce. Al contrario di quella dei «Quattro amici al bar» su WhatsApp che tanto agita i sonni del Comune e del M5S, oltre che forse dei protagonisti (Marra, Raggi, Romeo, Frongia). Benvenuti nel Campidoglio 3.0, dove la paranoia digitale dei grillini, dalla giunta all’ultimo dei consiglieri, sta toccando vette altissime. Con una nemesi niente male: i portavoce pentastellati che nascono sul web, lontani dalla polverosa carta e da tutti gli orpelli della vecchia politica, ora sono sempre più incastrati in tutte queste «precauzioni» per evitare i dossier di questo o quel nemico interno, fermandoci qui per non essere maliziosi.

LA MAIL
Il primo a scottarsi i polpastrelli fu Luigi Di Maio: lo scorso agosto l’allora mini direttorio romano gli inviò una bella mail per annunciargli che Raffaele Marra era un problema politico e Paola Muraro, l’ex assessore all’Ambiente, una grana giudiziaria (in quanto indagata). Il vicepresidente della Camera si tenne la mail per sé - a rivelarla fu Il Messaggero - invece che condividerla con gli altri del direttorio. Da allora, niente mail. Discorso diverso sono le chat e quindi i cellulari. Virginia Raggi per esempio è un’amante di Telegram, a spingerla questa tecnologia è l’assessore all’innovazione Flavia Marzano, esperta della compagnia. La chat ha una caratteristica: si scrive, il messaggio arriva a destinazione, poi, pum, si autodistrugge. E se qualcuno fa lo screenshot, cioè la foto del dialogo, il programma ti avvisa. Materiale che ingrossa i tanti dossier che girano in Campidoglio pronti a essere pubblicati su Facebook alla prima ventata di crisi, in un clima di congiure e sospetti da Todo modo. Anche Raffaele Marra diceva sempre: «Non chiamatemi mai, parlo solo sulle chat». In questo caso, forse, aveva il “sentore” che i suoi nemici non fossero solo interni al M5S. Ma l’aria che si respira ormai è questa. E quindi tutti ormai hanno l’applicazione per smartphone che permette di registrare le chiamate. Voci pronte a essere tirate fuori al primo conflitto a suon di «ascoltate questa e ora condividi su Facebook».

Nessuno si fida di nessuno, soprattutto dopo l’arresto di Marra. E se nei giorni drammatici della crisi i consiglieri di maggioranza per ore hanno inchiodato Raggi e Frongia sulla famosa chat dei «quattro amici al bar», come fatto politico inequivocabile, quello che una volta sarebbe stato «vi hanno visto a cena insieme vicino al Pantheon», ecco adesso nelle varie catene di Sant’Antonio digitali in uso per comunicare è partito un ordine di scuderia: «Astenersi da commenti e nomi, parliamo di persona». Sempre per la solita paura che alla fine una battuta, forse anche un emoticon, possa diventare la prova regina di una manovra in atto contro qualcuno. Ecco perché da giorni non si parla d’altro che degli omissis dell’inchiesta Marra. Ancora una volta le chat. Salvatore Romeo chiede che vengano svelati gli omissis, Frongia dice che è pronto a fare vedere il cellulare ai pm, la sindaca «non teme nulla», Marra non si sa. Ma in generale il mood «della casa di vetro» del debutto è totalmente scomparso. Così come le dirette streaming delle riunioni mai utilizzate, sostituiti da post e video su Facebook rigorosamente di notte ma impostati e studiati, seppur a volte con esiti grotteschi. Niente prove, niente dossier, niente memoria.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA