Pd verso il congresso, la minoranza: «Renzi ha scelto la scissione»

Pd verso il congresso, la minoranza: «Renzi ha scelto la scissione»
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Domenica 19 Febbraio 2017, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 07:53

«Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Lo affermano Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza dopo l'assemblea al Parco dei Principi di Roma dove Renzi ha formalizzato le proprie dimissioni dalla segreteria del Pd.

L'ex premier ha lanciato la sfida alla minoranza:
«Non chiedetemi di non candidarmi. Peggio della scissione c'è solo il ricatto». Nessun cedimento, quindi. Lo scenario della fuoriuscita della minoranza si fa dunque sempre più inevitabile. «Così non si va avanti», fanno sapere i "ribelli".

Al termine dell'Assemblea nazionale del Pd «partirà automaticamente il congresso» anticipato: dopo le dimissioni di Renzi non sono pervenute candidature alla segreteria, ha annunciato il presidente del Pd Matteo Orfini, aggiungendo che nei prossimi giorni fisserà la direzione che nominerà la commissione per il congresso. Assente all'assemblea Massimo D'Alema. Presenti, invece, oltre a tutta la segreteria del partito, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, Pier Luigi Bersani e i tre candidati alla segreteria Roberto Speranza, Michele Emiliano, protagonista di un intervento che sembra aprire qualche speranza per evitare la scissione, ed Enrico Rossi. In platea anche Walter Veltroni.

Poco prima delle 18 il rompete le righe: «L' Assemblea ha formalmente indetto il Congresso,  convocherò la Direzione martedì per la nomina della commissione congresso per l'elaborazione delle regole», ha detto il presidente del Pd Matteo Orfini chiudendo i lavori e sciogliendo l' Assemblea del Pd.

LA DISCUSSIONE

«Partiamo dalla parola rispetto - aveva detto  Renzi iniziando il proprio intervento -. Fuori da qui ci stanno prendendo per matti. La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Si discuta oggi ma poi ci si rimetta in cammino. Non possiamo stare fermi a discutere al nostro interno. Tutto nasce dal referendum, non c'è dubbio. Ho sbagliato a personalizzare la campagna per il voto ma abbiamo sbagliato anche a personalizzare il dopo-referendum. C'è un prima e c'è un dopo referendum e mi spiace perché mi sento responsabile. C'è una frattura nella politica e nella società con la fuga dei capitali all'estero e in generale è stata una botta per tutto il sistema paese e noi abbiamo la responsabilità di rimetterlo in moto». Anche in Parlamento «si va al rallentatore con settimane di lavoro più corte».

«Un partito deve scegliere di rispettarsi sempre e praticare il rispetto verso la comunità di militanti e iscritti che senza chiedere niente passano le serate a organizzare le campagne elettorali e le feste dell'unità e chiedono a noi di rispettarci - ha detto l'ex premier - In questi mesi il Pd non si è rispettato, ha buttato del tempo, ha bestemmiato il suo tempo, ha perso l'occasione per parlare fuori. Guardiamoci negli occhi rispettandoci e proviamo a capire se esiste lo spazio per immaginare un domani».

«Soffro a sentire la parola scissione», ha detto poi Renzi. «Scissione è una delle parole peggiori, peggio c'è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza». E ancora: «Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All'ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi 'fai un errore'. A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme».

«È tornata la Prima Repubblica senza la qualità della Prima Repubblica, non riguarda solo il Pd, si stanno scindendo tutti, fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta». «Parliamo di Italia - ha proseguito Renzi - Ehi Beppe che bel regalo ti stiamo facendo parlando solo di noi mentre nel M5s ci sono le polizze vita, i capi di gabinetto, mentre esercitate un garantismo ai giorni alterni: quando indagano i vostri garantisti, quando indagano gli altri urlate consegnatevi, confessate. Che pessima immagine sta arrivando fuori di qui» della discussione interna al Pd. 

Quindi l'ex premier va all'attacco: «Io non accetto che qualcuno pensi di avere il copyright della parola sinistra. Anche se non canto bandiera rossa penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano». Renzi descrive quello in atto nel Pd come 
«uno scontro di potere». «Ma non nel modo in cui pensate si possa definire scontro di potere. C'è anche una legittima ambizione di chi vuole la segreteria. Ma c'è di più: a chi appartiene il potere nel Pd, a chi appartiene la lega del comando? Quando si definisce il congresso il luogo della conta e della democrazia, si sbaglia perché c'è il punto che se anche non andiamo d'accordo non buttiamo fuori nessuno ma invitiamo col cuore in mano tutti a restare dentro il Partito democratico. Il potere nel Pd appartiene ai cittadini che vanno a votare alle primarie, non ai caminetti e alle correnti che si fanno a Roma». 

«Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel 98 con Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni», continua, ricordando altri leader azzoppati dagli scontri interni (e ringrazia Veltroni seduto in platea per esserci
«sempre, anche nelle difficoltà», ndr). Il Pd si basa sui voti e non sui veti, il congresso è l'alternativa al modello Casaleggio o al modello Arcore».

«Basta con la discussione e le polemiche sul governo. Faccio un applauso a Gentiloni che è qui, per quello che sta facendo con i ministri. È impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti», dice poi. «Sul governo non ho cambiato idea, mi fa piacere che altri lo abbiano fatto passando dall'appoggio caso per caso all'appoggio fino a fine legislatura. Rispettiamo l'azione del governo e i poteri del presidente della Repubblica».

«Questa è l'ultima assemblea di questo mandato» di segreteria del Pd, «ma non è l'ultima assemblea del Pd. Il Partito democratico è più forte dei destini personali e dei leader, comunque si chiamino. Come comunità il Pd ha un passato, un presente e un futuro», sottolinea mentre si avvia a concludere l'intervento. «Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione, non è una regola democratica».

«Avete il diritto di sconfiggerci non di eliminarci. È il punto dell'idea democratica. Ci ho pensato che forse per sistemare questa assurda situazione poteva valere la pena fare un passo indietro. Ci ho pensato sul serio perché mai come in questi due mesi e mezzo siamo stati laici nelle decisioni, abbiamo ascoltato tutti. Ma accettare oggi che si possa dire no a una candidatura, eliminare un problema eliminando una persona, vorrebbe dire che siamo tornati al modello di partito in cui si sta insieme contro qualcuno e non per qualcosa. Noi stiamo insieme per un progetto, per l'Italia. Non accetteremo mai, mai e poi mai di consentire a qualcuno di dire non sei della nostra comunità. Il verbo è venite, non andate. State, partecipate».

Renzi chiude citando Joseph Conrad: «Conrad scriveva cento anni fa Linea d'ombra: "Si va avanti allegri e frementi riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, accogliendo il bene e il male, la variopinta sorte comune che offre tante possibilità a chi le merita o ha fortuna". Il tempo va avanti, per lasciarsi alle spalle anche le ragioni della prima gioventù. Si va avanti perché ce lo chiede l'Italia, per cui fa la coda alle primarie, perché questo non è un partito di petrolieri e finanzieri, perché ha voglia di giustizia e uguaglianza e se deve cambiare qualcosa lo fa sulla base di ciò che scrivono gli iscritti e non i gruppi dirigenti». «Se deve cambiare qualcosa il partito lo farà sulla base di quello che dicono gli iscritti non dei caminetti. Scusatemi se abbiamo zigzagato in questi mesi. Ora la ripartenza sarà al Lingotto. Tante sono le sfide. Noi cerchiamo di cambiare le cose con il sorriso sulle labbra. Si va avanti allegri e frementi». 

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