Referendum, il Tar decide. Il Pd: ricorso insussistente. C'è anche l'ipotesi rinvio

Referendum, il Tar decide. Il Pd: ricorso insussistente. C'è anche l'ipotesi rinvio
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Lunedì 17 Ottobre 2016, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 09:38


ROMA Oggi il Tar del Lazio dovrebbe pronunciarsi (il condizionale è d'obbligo) sul ricorso sulla validità del quesito del Referendum costituzionale che trovermo sulla scheda del 4 dicembre presentato nei giorni scorsi dal Movimento 5Stelle e da Sinistra Italiana. Quello dei ricorsi sul quesito referendario è un inedito nella storia della giustizia amministrativa e dunque c'è molta attesa fra gli addetti ai lavori. Secondo i ricorrenti la domanda che gli elettori troveranno sulla scheda e alla quale dovranno rispondere con un Si o con un No non è corretta poiché dovrebbe citare quantomeno gli articoli della Costituzione oggetto dello stesso referendum.
Una tesi che i sostenitori del Si trovano completamente infondata. «Sono tranquillissimo - spiega Stefano Ceccanti, uno dei costituzionalisti vicini al Pd che hanno lavorato al testo della nuova Costituzione - Negli altri due referendum sulla Costituzione, svoltisi nel 2001 e nel 2006, gli elettori hanno trovato sulla scheda il titolo della riforma. Esattamente come accadrà questa volta semplicemente perché lo prevede la legge. Dunque questo e altri ricorsi non stanno in piedi sul piano giuridico».
IL NODO
Opposto il parere dei ricorrenti secondo i quali, poiché la legge prevede due strade per il quesito sul quale votare, ovvero la proposizione del titolo della riforma oppure la citazione degli articoli cambiati, sarebbe preferibile che la scheda riportasse l'elenco degli articoli da cambiare o meno.
Va da sé che se il Tar accettasse in qualche modo questa tesi (magari anche con un rinvio di decisione dato per improbabile visto che il Tar ha calendarizzato velocemente il caso) è possibile che il referendum slitti a dopo il 4 dicembre. Anche perché in ballo c'è un altro ricorso presentato sempre al Tar (e al Tribunale Civile di Milano) dal costituzionalista Valerio Onida, anch'egli favorevole al No, secondo il quale il quesito sulla scheda non sarebbe corretto perché composto da troppi argomenti. Sul piano logico se oggi il Tar dovesse bocciare il ricorso dei pentastellati e di Sinistra Italiana appare assai improbabile che poi accetti quello del professor Onida. Il Tribunale di Milano, invece, dovrebbe pronunciarsi il 27 ottobre sul ricorso di Onida semplicemente per chiedere il parere della Corte Costituzionale sulla validità del quesito.
I tempi della Consulta sono lunghi, però. E quindi è chiaro che se il Tribunale meneghino accettasse la tesi del professor Onida girando alla Consulta la domanda sulla validità della domanda stampata sulla scheda potrebbe apparire opportuno un rinvio del referendum per evitare una sua eventuale invalidazione da parte della Corte Costituzionale a distanza di settimane dal voto del 4 dicembre.
Contro questi scenari si è schierata nei giorni scorsi l'Avvocatura dello Stato che ha presentato una memoria al Tar. Nel documento si sottolinea che anche nei due precedenti referendum costituzionali, nel 2001 e nel 2006, il quesito era formulato in maniera analoga a quello attuale, cioè indicando il solo titolo della legge. D'altra parte, spiega l'Avvocatura, se nella scheda fossero citati tutti gli articoli da modificare, il quesito «sarebbe confuso, oscuro, difficilmente comprensibile dalla massa dei votanti e certamente non idoneo a garantire il rispetto del diritto di voto dei cittadini». Quindi il quesito è corretto, sottolinea l'Avvocatura, anche perché è già passato al vaglio della Corte di Cassazione così come previsto dalla legge.
Intanto, poiché referendum e legge elettorale sono collegate da un robusto filo rosso, va detto che si è messa in moto anche la commissione del Pd che dovrebbe elaborare le modifiche all'Italicum. La prima riunione è stata fissata per domani. «Penso che i tempi debbano essere ragionevolmente brevi e nel giro di un paio di settimane capiremo se davvero c'è l'intenzione di arrivare in fondo al sentiero», aveva dichiarato nei giorni scorsi un prudente Gianni Cuperlo che nella commissione rappresenta l'ala più di sinistra del partito. Ma ieri il senatore Miguel Gotor, vicinissimo a Pierluigi Bersani, ha ribadito che a suo giudizio non c'è da parte del segretario del partito, Matteo Renzi, la volontà di cambiare davvero l'Italicum. Gotor è tornato a chiedere l'abolizione del ballottaggio giudicato invece fondamentale da Renzi.
L'ATTACCO
Tornando al referendum va registrata la presa di posizione di Massimo D'Alema che intervenendo a In mezz'ora su RaiTre ha detto: «Il Pse si è schierato per il Sì al referendum costituzionale, buon ultimo dopo l'ambasciatore americano, Jp Morgan, Confindustria e la signora Merkel. Tutti questi signori, compreso il Pse, dovrebbero farsi i fatti loro e rispettare il popolo italiano».
Durissimo D'Alema verso Renzi e il suo governo. «Se vince il sì al referendum Verdini entra nel governo» e si consolida il partito della nazione. Se vince il no, invece sarà obbligatorio rifare la legge elettorale e la legislatura andrà verso la fine», ha detto l'ex premier e segretario dei Ds. Che ha continuato così: «Se si mette nella stessa sala quelli che fanno il governo oggi, e cioè il Pd con Alfano e Verdini, ci si impressiona. Che si possa condividere con un avversario politico un'opinione sulla Costituzione può accadere, ma che si governi insieme è molto più grave».
Secca la replica di Giacomo Filibeck, vicesegretario aggiunto del Pse ed esponente del Pd: «D'Alema accomuna la posizione assunta dal Pse sul referendum costituzionale a quelle di Jp Morgan e altri soggetti. Sono un pò sorpreso da questa impostazione perché proprio lui ci ha insegnato che le sfide elettorali nazionali non si risolvono nei confini di un Paese ma hanno conseguenze transnazionali e i partiti europei dovrebbero essere più protagonisti».
Diodato Pirone
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