L’ipotesi di settembre non è una frenata. Accade semplicemente che Renzi, nonostante il sostegno h24 di Giorgio Napolitano, comincia a rendersi conto che costringere palazzo Madama a lavorare anche dopo l’8 agosto potrebbe essere rischioso.
Molti senatori potrebbero andare ugualmente in vacanza e, con la maggioranza a ranghi ridotti, numerosi emendamenti finirebbero per essere approvati. Così Renzi ha confidato che arrivare a settembre non sarebbe un guaio: «Noi siamo il governo del fare e non contano i giorni, contano i risultati. Il ritardo, è evidente a tutti, sarebbe colpa dei Cinquestelle che sono la reincarnazione della Prima Repubblica. Uno spot migliore non ce lo potevano fare».
In più comincia a circolare un’ipotesi clamorosa: il rinvio a fine agosto della riforma costituzionale, incardinando subito la nuova legge elettorale. E con l’Italicum approvato, la minaccia delle elezioni anticipate diventerebbe più che concreta. Ma a palazzo Chigi smentiscono «categoricamente».
Con i Cinquestelle, Renzi ha il dente avvelenato. Sarà contro di loro, e sui costi del Senato, che si scaglierà la prossima settimana. E lo farà, con ogni probabilità, proprio a palazzo Madama. I suoi collaboratori prevedono un «attacco violento». «Perché è uno scandalo», sostengono a palazzo Chigi, «che Grillo abbia sempre sputato contro il voto segreto e ora lo usi in modo subdolo».
Ma l’ira di Renzi è rivolta anche contro Pietro Grasso. Il presidente del Senato è considerato «un frenatore», un «esponente della palude» che «gioca sporco con mezzucci». In quanto aprendo la strada al voto segreto, «Grasso ha spianato la strada a imboscate e agguati, con un’interpretazione artificiosa e strumentale del regolamento». A palazzo Chigi sono andati a riprendere un’intervista del marzo scorso, in cui Grasso bocciava la riforma del Senato. Come dire: altro che presidente super partes, «è un tifoso in campo...».
IL CAMBIAMENTO COME LA POSTA
Napolitano, durante l’incontro di ieri sera, avrebbe provato a convincere Grasso a togliere il piede dal pedale del freno. E Renzi, per scongiurare il rinvio a settembre, potrebbe aprire all’offerta di mediazione di Nichi Vendola che, in cambio di una riduzione del numero di firme necessarie per promuovere i referendum abrogativi, sarebbe disposto a ritirare gli emendamenti di Sel che sono seimila su 7.831. «Non sono ostile a singole modifiche», ha spiegato il premier, «ma non va snaturato l’impianto complessivo e deve restare valido il solito principio, secondo il quale ciò che si cambia deve essere deciso insieme». E comunque, se al Senato «ci faranno qualche scherzetto con il voto segreto, alla Camera lo sistemeremo».
Molti dei suoi però spingono Renzi a non accettare la mediazione di Vendola: «Non è utile, i suoi emendamenti sono firmati anche dai Cinquestelle e dunque non decadrebbero». Ma Napolitano suggerisce un gesto di distensione. E anche la sinistra del Pd spinge per chiudere le ostilità con Sel: «Per superare l’ostruzionismo», ha detto Pier Luigi Bersani, «serve buon senso e un po’ di rasserenamento».
In tutto questo, Renzi si è messo a fare il filosofo, citando con i suoi collaboratori lo scrittore Dave Eggers a proposito del cambiamento che non si può fermare: «Sta per arrivare come qualcosa per posta, qualcosa che è già stata spedita e non si può più far tornare indietro».
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