Trattati di Roma, Paolo Gentiloni: «Da Roma la scossa all'Europa»

Paolo Gentiloni
di Paolo Gentiloni
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Marzo 2017, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 12:22

Al termine delle lunghe negoziazioni sulla nascita della Comunità economica europea, il cui progetto era stato lanciato nella Conferenza di Messina del 1955, il ministro degli esteri belga Paul-Henri Spaak, uno degli architetti dell’Europa unita, pronunciò una frase che ha un posto importante nella storia di Roma: «Propongo che i Trattati vengano firmati a Roma, la più augusta delle nostre città».

Era un grande tributo alla nostra Capitale e un riconoscimento del ruolo svolto dall’Italia nei primi anni del processo di integrazione europea. Si arrivò, così, a quello che per Roma fu un giorno straordinario, che la pose al centro dell’attenzione di tutta l’Europa. Un giorno che arrivava quando la città viveva una stagione memorabile: era già la Roma di “Vacanze romane”, presto sarebbe stata la Roma de “La Dolce Vita” e delle Olimpiadi del 1960 che consacrarono la sua immagine nell’era delle dirette televisive.

Quel 25 marzo del 1957, raccontano le cronache dell’epoca, era una giornata di pioggia, e a Roma una folla era assiepata nei pressi del Campidoglio. Nella Sala degli Orazi e Curiazi i sei Paesi fondatori dell’Europa unita - Italia, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi - firmavano i Trattati che, proprio con la nascita della Comunità economica europea, facevano spiccare il salto decisivo al processo di integrazione. Prima c’erano stati inizi promettenti, come la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e battute d’arresto, come il fallimento del progetto di difesa comune. Ma da quella storica giornata di pioggia romana, pur se tra difficoltà e contraddizioni, il processo di integrazione non si è mai fermato.

Quel processo ha permesso a noi europei di costruire un modello di pace, libertà e democrazia. Di diventare protagonisti di una storia economica di successo e di costruire società più giuste, basate sui nostri modelli di welfare. Siamo arrivati, così, alla nostra Unione Europea, che nel corso degli anni ha potuto mostrare tutto il suo potenziale di “superpotenza tranquilla”.

Ma il momento storico che stiamo vivendo ci impone di difendere le nostre conquiste, per evitare di dover poi rimpiangere quella lunga stagione di successi. E per poterle difendere dobbiamo fermarci a riflettere sulle difficoltà che stiamo affrontando.

Ci sono delle tendenze profonde alle quali dobbiamo rispondere: la globalizzazione ha fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla povertà in tutto il mondo, ma ha anche creato squilibri che hanno messo in difficoltà soprattutto la classe media. La crisi economica del 2007-2008 è stata la peggiore dal dopoguerra e fa ancora sentire i suoi effetti in termini di mancata crescita e occupazione. Ci sono poi nuovi scenari sul piano geopolitico: un quadro di maggiore instabilità nel Mediterraneo, il rischio terrorismo e i grandi flussi migratori.

Tutte queste tendenze possono creare una maggiore percezione di insicurezza, che può spingere qualcuno a rinchiudersi, a guardare solo all’interno dei confini nazionali. Ma rinnegare decenni di conquiste che hanno portato pace e benessere sarebbe un errore imperdonabile.

Per questo, vogliamo che il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, che celebreremo con i capi di Stato e di Governo della Ue il 25 marzo, sia un’occasione per rilanciare il nostro progetto comunitario e renderlo più adatto alle sfide che viviamo. Innanzitutto consentendogli di essere più in grado di rispondere alle trasformazioni del presente e di andare avanti con maggiore flessibilità. Senza escludere nessuno, ma andando verso un’Unione europea dove chi lo desidera può scegliere di rafforzare e rendere ancora più efficace la cooperazione, così come prevedono i nostri Trattati.

Poi, con un’Europa più attiva sul fronte della crescita economica e dell’occupazione. E che sia ancora capace di valorizzare la sua tradizione di welfare, che è il cuore del nostro modello europeo, mettendo al centro la protezione sociale, la tutela dei più deboli, la lotta alla povertà.

Infine, impegnandoci per un’Europa in grado di assumere maggiori responsabilità nel contesto internazionale attuale. Dobbiamo puntare a progetti più ambiziosi e coesi nel campo della difesa, dove negli ultimi tempi ci sono stati alcuni passi incoraggianti. E coordinare in maniera più efficace le nostre azioni sui flussi migratori, nel rispetto della democrazia e dei diritti umani.

Il 25 marzo Roma sarà, come le spetta, di nuovo al centro dell’attenzione di tutta l’Europa. Se riusciremo a far rivivere lo spirito di fiducia del 1957, tracciando una strada per rispondere alle sfide di questo momento storico, noi europei avremo fatto un passo importante in direzione del futuro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA