LE MOTIVAZIONI
E qui però entra in campo l'indisponibilità di Zingaretti. Che ha motivato ai suoi il «no» con tre ragionamenti ben precisi. Il primo: tra due anni si voterà di nuovo anche per la Regione e vuole ricandidarsi. Il secondo motivo che lo spinge a non entrare al Nazareno è più strategico. E riguarda proprio quella che da domenica notte è la Capitale pentastellata. Assumere un ruolo politico adesso farebbe venire meno il «contrappeso istituzionale» nei confronti del Campidoglio targato M5S. Un'esposizione in questo senso sarebbe controproducente per tutti «e creerebbe alibi e vittimismi». Infine, nei ragionamenti di queste ore c'è anche la questione del ruolo poco centrato. Immaginare Zingaretti come una sorta di quello che fu Migliavacca per Bersani sarebbe impraticabile «per motivi logistici».
La macchina del Pd deve essere guidata da chi ha il tempo di girare l'Italia per spegnere i mille focolai scoppiati in queste ore. E qui si ritorna al primo motivo: «Nicola vuo Questa lunga premessa però non esclude un'altra circostanza obbligata dai fatti: il governatore si impegnerà di più per il Pd. «Torno in campo», ha rivelato ai suoi.
Venerdì Zingaretti parlerà in direzione, e questa sarebbe già una notizia. Visto che negli ultimi tempi ha bazzicato il partito per questi appuntamenti poco e niente. Di caos sotto il cielo dem ce n'è a bizzeffe. Il commissario Matteo Orfini dalla notte della sconfitta è sotto attacco delle componenti. «Ma io non mi dimetto: concluderò il mio mandato». Di sicuro Zingaretti in segreteria avrebbe un effetto non visibile: togliere da subito a Orfini la gestione del partito a Roma. «Nicola in segreteria? Avete sbagliato Matteo - ha spiegato il leader dei Giovani Turchi a chi gli chiedeva lumi - ma penso che sia improbabile».