Il caso morbillo/Vaccini, il prezzo di una notizia falsa

di Giuseppe A. Veltri e Giuseppe Di Caterino
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Domenica 25 Giugno 2017, 00:02
Non sappiamo perché i genitori del bimbo morto a Monza non abbiano vaccinato i loro figli. 

Il morbillo è poi stato fatale. Quel che sappiamo è che, nonostante gli appelli delle autorità sanitarie e le iniziative di sensibilizzazione, le false informazioni sui vaccini non si arrestano e continuano a propagarsi sempre più in Rete.

Eppure la comunità scientifica non ha trovato una relazione di causa tra vaccini e autismo. La pubblicazione che sosteneva questa relazione si basava su dati inesatti e per giunta manipolati. E per questo fu cancellata dall’elenco delle pubblicazioni mediche. Inoltre è del tutto evidente che, nell’ultimo secolo e mezzo, i vaccini abbiano salvato milioni di vite e, ancora oggi, sono il più efficace strumento di prevenzione. Dovrebbe essere una questione risolta, ma così non è.

Tanto che il Governo ha dovuto emanare un decreto per contrastare i segnali di recrudescenza di alcune patologie infettive che credevamo debellate. Ma come è possibile tutto questo? Perché l’informazione scientifica non riesce a sconfiggere le false notizie che si propagano attraverso i social? Per capirlo, bisogna comprendere il modo con cui tutti noi, ogni giorno, navighiamo in Rete. I motori di ricerca e i social non sono strumenti neutri. Attraverso gli algoritmi e i filtri, ci spingono verso contenuti che ricalcano le ricerche pregresse, che ci mettono in contatto con persone che hanno i nostri stessi interessi. È quel fenomeno conosciuto come Bolle della Rete. Se una persona in passato ha cercato teorie negazioniste sui vaccini, nelle successive ricerche, avrà maggiori probabilità di imbattersi in contenuti che sostengono questa tesi. Meccanismo simile accade sui social: dalle amicizie che ci vengono suggerite, alle conversazioni sulla timeline, tutto ricalca la nostra visione del mondo, i nostri gusti, i temi che più ci stanno a cuore.

A questo s’aggiunge che ogni individuo, per ragioni di carattere psicologico, preferisce le informazioni che rafforzano le proprie convinzioni da quelle che le mettono in discussione. La conseguenza è che ognuno resta impigliato nel proprio mondo, esposto solo a quei contenuti e a quelle posizioni verso cui ha già un predisposizione. Inoltre diversi studi hanno dimostrato che i punti di contatto tra bolle in cui si sostengono contenuti pro-vaccini e quelli no-vax sono quasi inesistenti.

Ogni bolla, per i meccanismi appena descritti, si alimenta e vive di vita propria. È esattamente questa la ragione per cui le fake-news sui vaccini continuano a diffondersi. Perché chi è all’interno della bolla no-vax non entra mai in contatto con informazioni che affermano il contrario. E perché, vere o false che siano, sono comunque informazioni che rafforzano le nostre credenze e fanno cioè leva su quel meccanismo psicologico di cui abbiamo appena detto. Sullo sfondo c’è un tema più generale e riguarda i sentimenti di sfiducia e diffidenza che, nelle società occidentali, sta investendo non solo la politica ma anche le sfere del sapere, a cominciare proprio dalla scienza. Le bolle della Rete danno un contributo decisivo a tutto questo. Tanto da arrivare a mettere in discussione quel metodo scientifico che dovrebbe essere patrimonio di tutti. Gli effetti, per la politica, per l’organizzazione stessa della società, possono essere devastanti.

Finanche Obama, nel suo ultimo discorso da Presidente, ha parlato dei rischi delle bolle della Rete; come può funzionare il processo democratico se ognuno vive nella bolla delle proprie convinzioni, se non riconosce le ragioni dell’altro, se vengono meno gli spazi di confronto e di sintesi? La drammatica vicenda di Monza ci dice che è un tema va affrontato al più presto.
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