Regionali Lazio, Pirozzi: «Più poteri a Roma, via la politica dalle Asl»

Pirozzi (toiati)
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Mercoledì 21 Febbraio 2018, 08:17 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 08:09

Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice e candidato presidente della Regione Lazio per la lista civica dello Scarpone. Che campagna elettorale è stata fino a ora?
«Tutto è offuscato dalle Politiche. Cioè dal nulla, perché è scritto che non ci sarà un governo il 5 marzo. Tutto ciò a danno dei cittadini del Lazio, perché la Regione è l'ente di prossimità più importante per loro. Intanto, scientemente si discute di fascismo e antifascismo».

Meglio non fare l'election day, quindi?
«Certo, il dibattito sulle Regionali viene penalizzato».

A proposito, chi voterà alle Politiche?
«Votare è sempre giusto, ma non dico per chi voto».

Chi preferisce come leader tra Salvini e Berlusconi?
«Nessuno dei due. Berlusconi ha fatto il suo tempo, Salvini non potrà mai essere premier. Al 99 per cento il capo del governo sarà ancora Gentiloni».

La divisione del centrodestra favorirà più M5S o Zingaretti?
«Penso che ci sia stato un accordo a tavolino dove si è deciso su Lazio e Lombardia. Ma la storia è fatta di sorprese e non temo le sfide, come nel calcio, quando ho fatto l'allenatore. Sapete che ho battuto anche Sarri?».

L'allenatore del Napoli?
«Sì, quando allenava il Sansovino. Del resto il mio allenatore modello è Oronzo Canà».

Torniamo alla politica. Per colpa di chi non si è trovato un accordo nel centrodestra?
«Il fatto è che io non sono in vendita. Se avessi voluto sfruttare il terremoto sarei andato in Parlamento: mi hanno offerto un seggio Meloni, Renzi e Forza Italia. Ma io voglio difendere i territori: da piccolo ero del Cagliari, tifavo per Gigi Riva perché aveva scelto di restare lì, rifiutando le offerte delle grandi squadre».

Quanto ha speso finora per la campagna elettorale e dove ha trovato le risorse?
«Mi ha aiutato Toto Riina (ride, ndr). In realtà spendiamo massimo 100 mila euro, tutti di amici. Sono ben altre le macchine da guerra, che stanno intorno ai due-tre milioni».

Il primo atto da governatore?
«Il primo giorno da presidente bevo, per festeggiare. Il primo provvedimento: i dg delle Asl non saranno più nominati dal governatore, meglio tre esperti che decidono».

Ha senso tenere aperti i piccoli ospedali di provincia?
«Bisogna vedere quello che vuoi dai piccoli ospedali. E bisogna conoscere i territori: la Regione, per esempio sosteneva che Amatrice non fosse un presidio disagiato».

Come si conciliano le esigenze di bilancio con l'urgenza di abbattere le liste d'attesa?
«Nelle aeree periferiche c'è una grande dispersione di denaro. Le liste di attesa si riducono con l'abbattimento della mobilità passiva, quella dei cittadini del Lazio che vanno a farsi curare altrove, perché avremmo più risorse disponibili».

Rifiuti, vanno realizzati nuovi termovalorizzatori?
«Non servono. Va aumentata la differenziata e dobbiamo puntare su impianti di compostaggio, per trattare l'umido».

Cosa non ha funzionato nella gestione del post terremoto?
«Se tu conosci il territorio trovi le soluzioni in tempi più rapidi: non ha funzionato questo. I subcommissari avrebbero dovuto essere i sindaci. Fermo restando che i provvedimenti presi dal Governo, quelli generali, sono stati giusti».

Cosa farebbe della ferrovia Roma-Lido?
«Dal 2019 il servizio deve andare a gara, lo dice l'Antitrust».

Aumenterà i fondi per l'Atac?
«La Regione deve destinare più fondi a Roma, ma deve spenderli bene. Per esempio, sono stati acquistati nuovi bus per Cotral, ma senza pedane per i disabili».

L'autostrada Roma-Latina si farà?
«Certo. I problemi sono stati frutto di una contrapposizione ideologica».

Sarebbe d'accordo a trasferire poteri regionali a Roma Capitale?
«Sì, a partire dall'urbanistica».

Che giudizio dà della sanità laziale negli ultimi anni?
«L'annuncio per l'uscita dal commissariamento è stato dato un anno prima, perché c'era l'accordo con la Lorenzin, e sono stati riconosciuti più fondi. Ma è mancata l'idea di sanità, la capacità di capire le esigenze reali dei cittadini».
L'idea che molti hanno è che la sua candidatura, spaccando il fronte del centrodestra, finisca per favorire Zingaretti.
«Non sono matto. La gente ha capito che c'è un accordo. Il centrodestra ha scelto il suo candidato a un mese dalle elezioni, una squadra non prende l'allenatore un mese prima della finale di Champions».

Ma Storace è uno dei suoi principali sostenitori.
«Se Storace mi vota non è colpa mia. Io ho fatto scelte forti, che mi sono costate: prima tutti venivano ad Amatrice a farsi i selfie, oggi sono diventato il male».

Alla fine per avere un gruppo in Regione non si rischia di vanificare la grande esperienza del terremoto?
«Per me il 5 marzo è punto di partenza. Io prenderò il 20%».

La prima telefonata a urne chiuse?
«A mio figlio. Gli direi: orgoglioso di papà?»

Se al candidato che vince mancassero dei voti in consiglio regionale, lei accetterebbe un accordo e a quali condizioni?
«No, la maggioranza i suoi provvedimenti se li voterà da sola. Non farò la stampella».

Lei è stato indagato per il crollo di una palazzina ad Amatrice e ha parlato di «giustizia a orologeria». Ma allora aveva ragione Berlusconi sulle toghe politicizzate?
«È giusto che si indaghi, ma il diritto amministrativo è uno e non si può interpretare. È chiaro che come il prefetto di Rieti non ha conferito la medaglia d'oro ad Amatrice a gennaio, perché poteva influire sulle elezioni, avrebbero potuto aspettare dopo il 4 marzo anche per questo».

Intervista a cura di Simone Canettieri, Lorenzo De Cicco, Mauro Evangelisti
e Fabio Rossi

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