Le nuove leggi, niente più navetta

Le nuove leggi, niente più navetta
di Diodato Pirone
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Lunedì 28 Novembre 2016, 17:06 - Ultimo aggiornamento: 17:48
Quanto tempo ci mette oggi il parlamento ad approvare una legge? Tranne casi rarissimi il processo di formazione delle leggi italiane è paradossale, da anni sui provvedimenti importanti il parlamento è quasi svuotato perché i governi (di qualunque colore) da anni ricorrono alla fiducia su un maxi-emendamento. Che la situazione sia insostenibile lo dicono tutti: Quirinale, maggioranza, opposizione. La riforma costituzionale affronta questo nodo con l'articolo 70 dove - nel quadro della novità più generale di un Senato con poteri molto ridotti rispetto alla Camera - vengono fissate le regole della nuova vita parlamentare. Che in sostanza sono due. La Camera approverà la gran parte delle leggi sulle quali il Senato potrà proporre modifiche - entro tempi certi - che i deputati saranno liberi di accogliere o meno. In quattro casi (leggi costituzionali; trattati europei; legge elettorale; norme sugli enti locali), invece, una legge per diventare tale dovrà essere approvata sia dalla Camera che dal Senato. Esattamente come avviene ora.

Le ragione del Sì
«Ma come si fa a lasciare così com'è l'attuale processo di formazione delle leggi? E' del tutto evidente che oggi il Parlamento è svuotato dalle fiducie sui decreti presentati dal governo e che il continuo ping pong fra Camera e Senato produce pasticci e una cattiva qualità della legislazione». A sentir parlare gli esponenti del Comitato per il Sì la parte della riforma relativa alla divisione dei compiti fra Camera e nuovo Senato assicura grossi vantaggi sul fronte della semplificazione. Eppureil testo della Costituzione su questo tema passa da 9 a 400 parole. Un passaggio che i costituzionalisti del Si spiegano così: «Il nuovo testo deve per forza essere articolato per spiegare bene cosa deve fare il nuovo Senato ed evitare conflitti con la Camera».

A scorrere il testo dell'articolo 70 si capisce che i nuovi senatori avranno veramente voce in capitolo su quattro materie: leggi elettorali; leggi costituzionali; leggi europee e ordinamento degli enti locali. Su tutte le altre leggi, grosso modo il 90/95% del totale, i 100 senatori avrebbero solo un potere consultivo. Tranne che su un argomento: la possibilità del governo centrale di intervenire quando una Regione opera per ledere gli interessi degli altri italiani bloccando ad esempio opere pubbliche di portata nazionale. In questo caso il Senato può proporre la modifica della legge i sblocco proposta dal governo e la Camera può ignorare il parere dei senatori solo se la legge del governo viene approvata a maggioranza assoluta. Non solo: l'articolo 70 fissa tempi certi per l'esame delle leggi.

Le ragioni del No
Secondo gli esponenti del No il nuovo bicameralismo che nascerà se la riforma costituzionale sarà approvata è «confuso e pasticciato». Nei materiali di propaganda del No si fa un gran parlare del nuovo articolo 70 che disciplina la formazione delle leggi e stabilisce quando e in che modo il Senato può dire la sua sulle norme da varare. Si fa notare che mentre il vecchio articolo 70 è composto da sole 9 parole («La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere»), la nuova formulazione del testo comprende oltre 400 parole ed è difficile da capire. Secondo il No i compiti assegnati al nuovo Senato sono talvolta «incomprensibili e non collegati all'attivita dei nuovi senatori» che sono consiglieri regionali e sindaci. Già perché (vedi grafici) il Senato dovrà votare con gli stessi poteri attuali su quattro temi: legge elettorale legge costituzionale, leggi sugli enti locali; leggi europee. Ma poi potrà intervenire anche su molte altre leggi anche se quasi mai i deputati saranno obbligati ad ascoltare i pareri dei senatori/rappresentanti degli enti locali. Secondo gli esponenti del No questo meccanismo è troppo farraginoso e rischia di rendere il Senato impotente o frenante a prescindere. Per il No con le nuove regole si rischia di far nascere molti contenziosi fra Camera e Senato col risultato di dover rimettere mano alle regole.

 
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