Renzi in stile Donald: via la bandiera Ue. Un caso la lettera sul Sì

Renzi in stile Donald: via la bandiera Ue. Un caso la lettera sul Sì
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Venerdì 11 Novembre 2016, 09:22 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 12:51
IL RETROSCENA
ROMA Prima telefonata, ieri sera, di Matteo Renzi a Donald Trump per congratularsi e ribadire «l'importanza strategica» dell'alleanza Italia-Usa. A caldo, più per scaramanzia che per convinzione, il premier aveva detto che non c'è alcun collegamento tra la vittoriaUsa e l'esito del referendum del 4 dicembre. «L'unico nesso in cui posso sperare sono gli errori dei sondaggisti...», ha chiosato. Ma a ventiquattr'ore di distanza, l'effetto-Trump c'è. E si vede.
Per prima cosa, Renzi ha stracciato la bandiera europea. Meglio: l'ha tolta di torno. L'altra sera, su Facebook, il premier è apparso con il solo Tricolore alle spalle. E ieri, proseguendo il tour dell'Italia, ha continuato a randellare l'Unione europea. L'ha fatto, come ormai accade da tempo, chiedendo di votare Sì per avere più forza nella trattativa con Bruxelles e per difendere meglio gli interessi nazionali. Dai conti e le spese per la crescita e il terremoto, ai migranti da redistribuire in tutti e 27 gli Stati dell'Unione. E questo anche perché, come consigliano i sondaggi, attaccare Bruxelles paga in termini di consenso.
LA METAMORFOSI
Una linea simil trumpiana, figlia di una convinzione confidata l'altra sera ai suoi più stretti collaboratori: «In Italia, come in America, la sfida è su chi incarna il cambiamento, così com'è toccato a Trump rispetto alla Clinton. E noi, anche stando al governo, siamo gli unici che possono cambiare l'Italia. Chi altri? I leader del fronte del No, da Berlusconi a D'Alema, non sono credibili. Lo stesso vale per Grillo che con i disastri che collezionano i Cinquestelle nelle città, non può certo incarnare il cambiamento». Parole che hanno trovato corpo ieri mattina in uno slogan coniato dal Comitato Basta un Sì: «La Casta, i D'Alema, i De Mita, i Cirino Pomicino, sono per il No. Chi vuole cambiare, chi è contro il ritorno della palude e della spartizione partitocratica, vota Sì».
Insomma Renzi, forse dopo aver letto la previsione dell'Economist che indica nel 4 dicembre (dopo Brexit e Trump) la prossima tappa della rivolta anti-establishment, vuole togliersi di dosso l'abito di... establishment. E cerca di vestire i panni dell'unico leader anti-sistema in grado di garantire un cambiamento. Del resto la riforma costituzionale, giusta o sbagliata, un cambiamento lo introduce.
In questa metamorfosi il premier va anche oltre. Difende Trump: «E' il presidente del Paese cui siamo più legati ed è doveroso rispettarlo. Lo dico perché ho visto un po' di proteste di piazza e contestazioni fatte da persone che non hanno votato. La democrazia funziona così: vince chi prende più voti». Soprattutto, Renzi si spinge fino a condannare i social media che ha cavalcato a lungo: «Hanno avuto un effetto positivo, ma poi a livello politico sono diventati un contenitore di odio. Ciò che è virale diventa vero e questo è devastante, non c'è mai certezza di niente: i social oggi hanno in politica un effetto perverso». Di più: «Le elezioni in Usa hanno dimostrato che la vita non sono i social, i sondaggi, i giornalisti, ma è altro».
Nel quartier generale renziano, dove si spinge con forza anche sul tasto della crisi di governo («se vince il No sarà il caos», parole di Luigi Zanda) e del rischio-governicchi in caso di sconfitta, prende poi corpo l'idea di utilizzare i comitati per il sì dopo il 4 dicembre. A farlo capire è il ministro Maria Elena Boschi: «Sarebbe bello che i comitati continuassero a impegnarsi per dare continuità al lavoro che stanno facendo, in aggiunta ovviamente ai circoli del Pd». Immediata la reazione della minoranza dem con Stefano Di Traglia: «Non avevamo dubbi, i comitati per il Sì, altro non sono che l'anticamera di una nuova coalizione con dentro Verdini e Alfano».
LA MISSIVA CONTESTATA
Non è l'unica polemica del giorno. Innesca la protesta del fronte del No anche la lettera che Renzi invierà nei prossimi giorni agli italiani residenti all'estero. «Non come premier, ma in quanto leader del Pd. E non certo con denaro pubblico», precisano a palazzo Chigi. Nella missiva Renzi indica innanzitutto le istruzioni sulle modalità di voto per posta e invita i nostri concittadini a votare. Poi illustra le ragioni per cui sarebbe il caso di sbarrare sulla scheda il Sì, a partire dalla fine del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari. E lancia un appello: «Siamo a un bivio, possiamo scegliere tra il non cambiare nulla o riformare il nostro Paese. Dipende da voi». Vibrante la reazione di Gaetano Quagliariello: «In contemporanea con le schede elettorali, gli italiani all'estero riceveranno una lettera del premier. Tutto ciò rischia di falsare il risultato referendario. Il ministro Gentiloni intervenga per ripristinare la parità di condizioni nella campagna elettorale».
Anche il fronte del No finisce però nel mirino. L'Associazione nazionale partigiani, dopo che a Latina è scesa in piazza contro il referendum insieme ai neofascisti di Forza Nuova, ieri ha revocato la tessera alla senatrice dem Laura Puppato. La colpa: fare propaganda per il Sì. «Nessuno espelle nessuno, i nostri iscritti sono liberi di votare Sì, ma non facciano la campagna contro il No», argomenta il presidente dell'Anpi di Treviso, Umberto Lorenzoni. Commento della Puppato: «È una cosa incomprensibile e inaudita, si è perso il senso dei valori che i partigiani ci hanno tramandato. Il clima che si respira oggi in Anpi è molto triste».
Alberto Gentili
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