Svarioni e contraddizioni, il falso dossier su Emanuela Orlandi

Svarioni e contraddizioni, il falso dossier su Emanuela Orlandi
di Cristiana Mangani
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Martedì 19 Settembre 2017, 09:01 - Ultimo aggiornamento: 20 Settembre, 12:26
Una stagione che sembrava conclusa con l'elezione di Papa Francesco e con gli esiti dell'inchiesta denominata Vatileaks. E invece, l'ultimo dossier sul caso di Emanuela Orlandi, le ultime presunte rivelazioni, fanno capire che è ancora epoca di corvi. Poco importa se le pagine nelle quali si ricostruiscono presunte attività legate alla sparizione della giovanissima cittadina vaticana siano false. Se visite mediche e trasferte per circa 500 milioni di vecchie lire vengano indicate per far pensare che la gestione di tutta la vicenda sia stata organizzata Oltretevere.

Quello che emerge nettamente è quanto sia ancora fiorente la stagione dei veleni, delle fughe dei documenti e dei depistaggi. Qualcosa che ieri ha reso necessaria una riunione alla Santa Sede, e una successiva smentita da parte della Segreteria di Stato che ha dichiarato: «Per il lancio di un libro d'imminente uscita è stato pubblicato un presunto documento della Santa Sede che attesterebbe l'avvenuto pagamento di ingenti somme, da parte del Vaticano, per gestire la permanenza fuori Italia di Emanuela Orlandi, scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. La Segreteria di Stato smentisce con fermezza l'autenticità del documento e dichiara del tutto false e prive di fondamento le notizie in esso contenute».

L'OBIETTIVO
Resta, allora, da chiedersi quale sia il vero obiettivo di tutta l'operazione. Chi conosce bene il Vaticano e le sue dinamiche ritiene che possa trattarsi «di un'azione di distrazione», di qualcosa che tenga lontana l'attenzione da altre questioni. Qualcosa che ha portato a fabbricare il dossier fuori dalla Santa Sede, per poi veicolarlo attraverso «le solite fonti». Sono tanti gli errori, sebbene sembra quasi che siano stati mescolati particolari veri o verosimili, con altri inventati. A cominciare dall'intestazione: Sua riverita eccellenza. Negli atti vaticani questa formula non è mai usata. Semmai viene scritto Sua eccellenza reverendissima.

Mentre la conclusione non sarà mai in fede, soprattutto perché viene scritta da un cardinale a dei vescovi e quindi non ha bisogno di aggiungere in fede. Inoltre la lettera in questione è battuta al computer o, forse, con una telescrivente, o una lettera 32, ed è inviata dal cardinale Lorenzo Antonetti, allora presidente dell'Apsa, ai monsignori Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran ai vertici della Segreteria di Stato. Il compilatore sbaglia anche il nome di Tauran e lo chiama Luis, alla spagnola.

Cinque fogli dai quali mancano quasi 200 pagine di fatture che «comproverebbero le spese sostenute in un arco di tempo che va dal 1983 al 1997». Circa mezzo miliardo, nel quale sono compresi anche 21 milioni per un presunto «trasferimento» presso lo Stato Città del Vaticano «con relativo disbrigo pratiche finali». Come a dire che la giovane è morta, che il Vaticano è al corrente di tutto, e che ne gestisce l'intera vicenda. Tra le altre anomalie, nessuna firma a penna, l'atto non è protocollato, viene citata la Gendarmeria vaticana come già esistente del 1998, mentre è stata fondata nel 2007. Si parla, inoltre, di spese sostenute a partire da «gennaio 1983», quando invece la ragazza era stata rapita a giugno di quell'anno.

L'ARCHIVIO DI BALDA
Sembra certo, invece, che in Vaticano di questa storia si sapesse da quando era in corso il processo Vatileaks, e che queste carte si sarebbero trovate nell'archivio del segretario della Prefettura degli affari economici Lucio Vallejo Balda. Il monsignore aveva confidato che, dopo lo strano furto con scasso subito negli uffici della Prefettura tra il 29 e il 30 marzo 2014, tra il materiale trafugato ci fosse anche il dossier Orlandi. E che questo dossier non fosse presente nel plico di carte restituite dopo il furto, e rimesse al loro posto da Balda. Mentre altri indizi sulla vicenda si trovano tra le pagine del libro Nel nome di Pietro di Francesca Chaouqui, imputata insieme a Balda nel processo Vatileaks.

«Alla fine - scrive - i fascicoli ricompaiono, spediti da mano ignota agli uffici della Prefettura. C'è il dossier su un vescovo molto potente e sulle delicate questioni legate a un'eredità ricevuta quando era nunzio in Francia. Ci sono i resoconti delle spese politiche di Giovanni Paolo II ai tempi della Guerra fredda e di Solidarnosc. C'è il carteggio tra il banchiere Michele Sindona e il faccendiere Umberto Ortolani. C'è il file di Emanuela Orlandi e capisco il finale di una storia che deve rimanere sepolta».
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