Il Papa a Barbiana, mea culpa su don Milani, un esempio anche per me

Il Papa a Barbiana, mea culpa su don Milani, un esempio anche per me
di Franca Giansoldati
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Martedì 20 Giugno 2017, 15:31
Barbiana – Il campanile di pietra che domina l'appennino verde del Mugello, tra querce secolari e stradine sterrate, è lo stesso di un tempo. Una cartolina. La memoria di don Lorenzo Milani a Barbiana è intatta. Un tempo c'era chi chiamava questi luoghi selvaggi la Siberia ecclesiastica, per sottolineare l'esilio cui era stato sottoposto il prete fiorentino per le sue prese di posizione a favore dei poveri, dei figli dei braccianti. Un comunista. Cinquant'anni dopo Papa Francesco fa ammenda di quel periodo storico ormai appannato e lontano, appesantito da divisioni ideologiche e caccia alle streghe. «Fate che io prenda l'esempio di questo bravo prete» dice Bergoglio davanti a duecento persone. Ci sono gli ex allievi della scuola di Barbiana con i capelli incanutiti, un drappello di sacerdoti novantenni, i familiari. Francesco riflette su quel periodo lontano, sull'eredità di Barbiana, sul significato della riabilitazione che sta per compiere. «Non posso tacere che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale». Milani in una lettera al vescovo di Firenze scrisse: «Se lei non mi onora oggi con un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato...». Papa Bergoglio prosegue: «Dal cardinale Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco –, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa».

Un mea culpa che viene accolto con un applauso commosso. Poco prima sulla tomba di don Milani Bergoglio è rimasto a capo chino per qualche minuto, incurante del sole e del caldo. Un piccolo cimitero di montagna, quattro tombe, una croce, il ronzio delle mosche che rompe il silenzio estivo. Bergoglio cita la celebre Lettera a una professoressa: «Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia». Cosa insegna tutto cio? Francesco non ha dubbi: «Questo è un appello alla responsabilità. Un appello che riguarda voi, cari giovani, ma prima di tutto noi, adulti, chiamati a vivere la libertà di coscienza in modo autentico, come ricerca del vero, del bello e del bene, pronti a pagare il prezzo che ciò comporta».

 
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