Nel testo del documento firmato poco prima che Papa Francesco lasciasse Etchmiadzin, la sede del patriarcato, non poteva mancare un cenno alle persecuzioni che ultimamente bagnano di sangue il medio oriente e molti paesi africani. «Siamo purtroppo testimoni di un’immensa tragedia che avviene davanti ai nostri occhi: di innumerevoli persone innocenti uccise, deportate o costrette a un doloroso e incerto esilio da continui conflitti a base etnica, politica e religiosa nel Medio Oriente e in altre parti del mondo. Ne consegue che le minoranze etniche e religiose sono diventate l’obiettivo di persecuzioni e di trattamenti crudeli, al punto che tali sofferenze a motivo dell’appartenenza ad una confessione religiosa sono divenute una realtà quotidiana».
La speranza comune per il Papa e il Patriarca è di vedere la fine di queste brutalità. Anzi. Si spera in una conversione dei carnefici. «La giustificazione di tali crimini sulla base di idee religiose è inaccettabile, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» . A questo proposito, hanno aggiunto, facendo un cenno alla guerra in corso contro l'Azerbaijan, «esprimiamo anche la nostra speranza per una soluzione pacifica delle questioni riguardanti il Nagorno- Karabakh». La via della riconciliazione e della fraternità è sempre aperta. In Armenia, come altrove, «c'è più bisogno di pane che non di armi».
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