Vancouver, Papa Francesco: «Anch'io figlio di migranti, sarei potuto essere tra gli scartati di oggi»

Vancouver, Papa Francesco: «Anch'io figlio di migranti, sarei potuto essere tra gli scartati di oggi»
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Mercoledì 26 Aprile 2017, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 11:47

«L'esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro». Papa Francesco lo sottolinea nel videomessaggio, inviato «a sorpresa» come si sottolinea in Vaticano, all'incontro internazionale 'Ted 2017 - The future yoù ('Il futuro sei tù) in corso a Vancouver in Canada. «Incontrando o ascoltando ammalati che soffrono, migranti che affrontano tremende difficoltà in cerca di un futuro migliore, carcerati che portano l'inferno nel proprio cuore, persone specialmente giovani che non hanno lavoro, mi accompagna spesso una domanda: perché loro e non io?'. Anch'io - ricorda il Papa - sono nato in una famiglia di migranti: mio papà, i miei nonni, come tanti altri italiani, sono partiti per l'Argentina e hanno conosciuto la sorte di chi resta senza nulla. Anch'io avrei potuto essere tra gli 'scartatì di oggi. Perciò nel mio cuore rimane sempre quella domanda: perché loro e non io?».

«Ricordare che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che nessuno di noi è un'isola, un io autonomo e indipendente dagli altri, che possiamo costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno». Spesso, spiega il Pontefice, «non ci pensiamo, ma in realtà tutto è collegato e abbiamo bisogno di risanare i nostri collegamenti: anche quel giudizio duro che porto nel cuore contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male non perdonato, quel rancore che mi farà solo male, è un pezzetto di guerra che porto dentro, è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non divampi in un incendio e non lasci cenere». Il Papa osserva che «molti oggi, per diversi motivi, sembrano non credere che sia possibile un futuro felice. Questi timori vanno presi sul serio, ma non sono invincibili. Si possono superare - assicura Jorge Mario Bergoglio - se non ci chiudiamo in noi stessi».

«Basta un solo uomo perché ci sia speranza e quell'uomo puoi essere tu. Poi c'è un altro 'tù e un altro 'tù e allora diventiamo 'noì. Quando c'è il 'noì comincia la speranza? No, quella è incominciata con il 'tù. Quando c'è il 'noì, comincia una rivoluzione!».

«La solidarietà è una parola che tanti vogliono togliere dal dizionario». È quanto lamenta Papa Francesco nel videomessaggio. «Come sarebbe bello - esclama il pontefice - se alla crescita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche corrispondesse anche una sempre maggiore equità e inclusione sociale! Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno!». E ancora: «Come sarebbe bello che la fraternità, questa parola così bella e a volte scomoda, non si riducesse solo a assistenza sociale, ma diventasse atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico, economico, scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi. Solo l'educazione alla fraternità, a una solidarietà concreta, può superare la 'cultura dello scartò, che non riguarda solo il cibo e i beni, ma prima di tutto le persone che vengono emarginate da sistemi tecno-economici dove al centro, senza accorgerci, spesso non c'è più l'uomo, ma i prodotti dell'uomo».

Avverte Papa Francesco: «Non bastano i buoni propositi e le formule di rito, che spesso servono solo a tranquillizzare le coscienze. Insieme, aiutiamoci a ricordare che gli altri non sono statistiche o numeri: l'altro ha un volto, il 'tù è sempre un volto concreto, un fratello di cui prendersi cura». Il Pontefice lamenta che «c'è l'abitudine spesso di chi si ritiene 'per benè di non curarsi degli altri, lasciando tanti esseri umani, interi popoli, indietro, a terra per la strada». Per i cristiani, sottolinea il Papa, «il futuro ha un nome e questo nome è speranza. Avere speranza non significa essere ottimisti ingenui che ignorano il dramma del male dell'umanità. La speranza è la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere il domani».

«Quanto più sei potente, quanto più le tue azioni hanno un impatto sulla gente, tanto più sei chiamato a essere umile, perché altrimenti il potere ti rovina e tu rovinerai gli altri», aggiunge il Pontefice.

E spiega: «Con l'umiltà e l'amore concreto il potere più alto e più forte diventa, invece, servizio e diffonde il bene. Il futuro dell'umanità - avverte - non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader, delle grandi aziende. Sì, la loro responsabilità è enorme. Ma il futuro è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l'altro come un 'tù e se stessi come parte di un 'noi'. Abbiamo bisogno gli uni degli altri», sottolinea ancora il Papa.

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