È poi nelle visite ad limina dei vescovi, che si susseguono subito dopo la sua elezione a pontefice, che il Papa torna a ribadire che i pastori debbono fare pulizia e soprattutto debbono stare accanto alle vittime. Per un problema così importante decide che non basta il pur prezioso lavoro svolto dalla Congregazione di Muller. È necessario che possano dire la loro, su che cosa fare e come procedere, anche coloro che hanno vissuto sulla loro pelle questi delitti.
E allora comincia a pensare ad una apposita Commissione. La nomina dei primi otto componenti - tra i quali proprio una vittima di abusi, l'irlandese Marie Collins - è del marzo di quest'anno. Rappresentano vari Paesi, ci sono uomini e donne, e per coordinare i lavori sceglie il cardinale Sean ÒMalley. Il francescano che gira con il saio anche se è cardinale, il pastore di Boston che per risarcire le vittime aveva venduto l'arcivescovado.
È l'11 aprile di quest'anno quando, incontrando operatori cattolici che si occupano di bambini fa il mea culpa a nome della Chiesa: «Mi sento chiamato a farmi carico e a chiedere perdono» per il male che alcuni sacerdoti hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini. E assicura che non verrà fatto «nessun passo indietro» nel trattare il problema e nelle «sanzioni».
Il 7 luglio di quest'anno la commovente Messa a Santa Marta con un piccolo gruppo di vittime. E poi l'incontro personale con ciascuno di loro. Ad agosto poi accetta velocemente anche le dimissioni (per superamento dei limiti d'età) del Primate d'Irlanda, il cardinal Sean Ò Brady, accusato nel passato di aver in qualche modo coperto il grande scandalo del clero nel suo Paese. Poi il caso di Jozef Wesolowski in cui aveva deciso di arrivare fino in fondo senza sconti. Come è stato.
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