Chi non ha sprecato istanti preziosi è certamente Stefano che, aggiunge il pastore della Chiesa di Rieti «invece di tirar dritto si è fermato essendo, per altro, ben consapevole del rischio, anzi affrontandolo apertamente, pur di aiutare qualcuno con la sua voce che gridava di scappare altrove. Anche Andrea si è mosso per andare da un suo amico, il cui luogo di lavoro era in fiamme. Anche lui poteva starsene tranquillo, a debita distanza, e invece si è ritrovato in mezzo al fuoco».
Ricorda, il vescovo Domenico, la quotidianità vissuta da Stefano e Andrea: «Stefano andava a Monterotondo fuori servizio e Andrea era a casa. Quando all’improvviso sono stati richiamati dal fuoco di gas sulla Salaria. Sono stati attratti, risucchiati e, quindi, scomparsi. Il tutto nel breve volgere di qualche minuto».
«Crediamo – ha aggiunto Pompili - che Stefano ed Andrea non sono perduti, ma che proprio l’amore per gli altri di cui hanno dato prova, ha raggiunto e avvolto loro per primi. Si nasce incendiari e si muore pompieri, si usa dire con un certo sarcasmo per dire del tradimento degli ideali giovanili. In realtà, alla luce di quel che è accaduto, questo proverbio ha un’altra possibile lettura: è facile appiccare il fuoco, difficile è domarne le fiamme. C’è bisogno di gente come Stefano ed Andrea per spegnere il fuoco di un mondo che è – un po’ come la via Salaria – a rischio permanente. Per questo ciò che è più richiesto sono donne e uomini che sanno correre il rischio e non fuggire davanti al pericolo. Ciò che mette in sicurezza la vita degli altri è soltanto il coraggio di chi non pensa a sé stesso. E' questa la fede che manda avanti il mondo nonostante rischi di incendiarsi ogni giorno».
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