Dal lago del Salto a un soffio dal podio nel concorso internazionale della pizza

Fabrizio Di Leginio
di Sabrina Vecchi
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Giovedì 29 Febbraio 2024, 00:10

RIETI - ​Alta o bassa, soffice o croccante, la pizza è un piacere che permette di sbizzarrirsi con ogni genere di farcitura. Ne sa qualcosa Fabrizio Di Leginio, della trattoria “Da Edoardo” di Borgo San Pietro, frazione di Petrella Salto, che da qualche anno ha fatto della pizza gourmet un punto di forza sempre più apprezzato in provincia.

Il percorso. Una professionalità affinata nel tempo, che l’ha portato a partecipare per tre anni di fila al concorso “Pizza senza frontiere” di Rimini, una sorta di tempio per i pizzaioli di tutto il mondo. «Quest’anno ho sfiorato il podio - dice Di Leginio - ma tornerò con nuove idee e nuovi prodotti: mi piace cambiare, ma seguendo sempre la stagionalità».
Dopo la morte di papà Edoardo, che fondò la storica attività di ristorazione sul lago del Salto nel 1969, Fabrizio decide di mettere a frutto, nei suoi luoghi d’origine, la professionalità da pizzaiolo maturata in Italia e all’estero nello storico locale portato avanti dalla sua famiglia: «Ho finito la scuola alberghiera e frequentato la prima scuola di pizzeria al mondo nata a Caorle, poi ho lavorato in diversi locali, tra cui uno al centro di Roma che serviva solo pizza gourmet.

Così, dopo la morte di mio padre, ho deciso di tornare ad abitare qui, investendo sulla pizza e sul mio territorio».

La composizione. Al concorso di Rimini si portano impasto e ingredienti, poi la pizza si compone sul posto: «Si gareggia con varie tipologie, ad esempio per la tonda al mattarello ho usato fiordilatte, carciofo di Sezze, ricotta di pecora e salamino al tartufo delle nostre zone, per quella classica provola affumicata, cipolla di Cannara, salsiccia alla genziana e peperoncino». La fantasia di Di Leginio non ha limiti e asseconda i gusti del cliente con un occhio sempre attento ai prodotti di qualità. Ma il punto di forza rimane l’impasto: «Sorrido quando mi dicono che non digeriscono il lievito. La pizza, come primo aspetto, deve essere digeribile, dunque non far bere troppo durante la notte. Faccio maturare l’impasto per tre giorni, la lievitazione e la maturazione sono due processi simili che hanno però due procedimenti diversi: metto l’impasto in frigo a quattro gradi, dove si rallenta la lievitazione e favorisce il processo di maturazione dell’impasto: non direte mai che non l’avete digerita bene». La farina è invece farina doppio zero di grano Bologna per il settanta per cento, mentre per il trenta è di tipo 1, rimacinata a pietra. «Amo le sperimentazioni, ma sono un tradizionalista - sottolinea Di Leginio - uso al massimo tre ingredienti, tutti riconoscibili al primo morso. E mi piace proporre la degustazione, perché i clienti possano provare tutti i gusti ed incuriosirsi». E la pizza all’ananas? «Se la chiedono e piace, non metto limiti ai gusti, ci mancherebbe. Io l’ho assaggiata in Cina, mi è sembrata un’americanata. Ma se parliamo di tradizione - conclude - invito a provare quella con puntarelle e alici, oppure quella amatriciana. L’anno scorso ne ho fatta al mattarello con base di mozzarella, patate di Leonessa e sopra uno stracotto di agnello sfilacciato con riduzione del suo succo. Pensavo non piacesse e, invece, piatti vuoti».

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