Roma, l'assessore Meloni e i malumori in giunta: «Non viene mai»

Roma, l'assessore Meloni e i malumori in giunta: «Non viene mai»
di Lorenzo De Cicco
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Lunedì 27 Novembre 2017, 07:48 - Ultimo aggiornamento: 19:22
«Resto, resto... fino a che non mi cacciano!», ripete lui, con lo sguardo sornione, a chi in queste settimane gli ha riferito i mal di pancia di mezza giunta. Ma restare dove? «In Campidoglio non viene quasi mai», ribatte un grillino molto vicino alla sindaca Virginia Raggi. Perché il punto è proprio questo: Adriano Meloni, manager di rito casaleggiano, cioè vicinissimo al fondatore di Rousseau, approdato nella giunta grillina fin dall'inizio dell'avventura a Palazzo Senatorio - uno dei pochi reduci, ormai, della compagine originaria - nelle stanze dei bottoni del Comune si fa vedere sempre meno.
Andazzo notato dai colleghi pentastellati, tanto che qualcuno si è messo a fare di calcolo e il risultato di questa indagine clandestina suona più o meno così: «Adriano salta una riunione di giunta su due. Pure di più...». Anche lui turista per caso in Campidoglio, per richiamare la stoccata del ministro Calenda alla sindaca Raggi? «Questioni personali», dice chi, nell'entourage della prima cittadina, lo difende a spada tratta. Certo è che il clima, negli ultimi due mesi, si è fatto pesante. E almeno un paio di volte Radio Campidoglio ha dato per imminente il passo indietro (o la cacciata) del responsabile dello Sviluppo economico di Roma. Sarebbe il settimo assessore a saltare in 17 mesi di governo.

LE DELIBERE
Gossip infondati? Quello che fanno trapelare i detrattori di Meloni non sembra del tutto fantasioso: basta dare un'occhiata alla lista delle delibere di giunta da agosto a novembre - sono tutte pubblicate sul sito del Comune, l'ultima è del 17 di questo mese - per constatare che effettivamente Meloni è presente 8 sedute e assente in 9. Meno di una riunione su due, appunto. Quanto basta per far montare il malumore di qualche collega assessore e anche di diversi consiglieri comunali pentastellati. «Si può lavorare a mezzo servizio?», è il ritornello di chi vorrebbe che l'assessore si facesse da parte, e viene sottolineato un punto: Meloni ha in mano un pacchetto di deleghe non proprio da comprimario, il commercio e le attività produttive, il turismo e le politiche per il lavoro. Al solito, toccherà alla sindaca prendere una decisione. Troncare e sopire i malumori, oppure chiedere all'assessore un maggiore impegno, indicando in alternativa il portone del Campidoglio. C'è anche chi prefigura un'uscita «concordata», alla Colomban. Meloni però, in privato, ripete hic manebimus optime: «Io resto, a meno che non mi caccino».
 
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