Campidoglio, la restaurazione M5S tra vecchi boiardi e poltrone ai parenti

Campidoglio, la restaurazione M5S tra vecchi boiardi e poltrone ai parenti
di Simone Canettieri e Lorenzo De Cicco
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Lunedì 20 Febbraio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 10:25
ROMA Lo streaming? Si è rotto subito. Anzi, alzi la mano chi ha mai visto cosa si dicono i portavoce grillini nelle riunioni che si susseguono a tambur battente davanti a questo o a quel «caso», quando devono sostituire uno dei tanti dimissionari o quando devono prendere decisioni campali. Zero. La democrazia digitale, tanto sbandierata in parlamento (come dimenticare il mitico faccia a faccia tra Lombardi-Crimi e Bersani-Letta?), non è mai pervenuta. Solo auto-rappresentazione con video-selfie su Facebook. E questa è la sostanza. Poi c’è la forma. In 243 giorni al governo della Capitale nessuno è riuscito a cancellare neppure quell’«on.» davanti al nome degli eletti in Aula Giulio Cesare.

Nonostante gli annunci sbandierati (naturalmente via social) durante l’estate, i consiglieri comunali di Roma «onorevoli» erano e «onorevoli» restano. Gli unici in Italia, insieme alla gattopardesca assemblea regionale siciliana, a fregiarsi del titolo riservato ai parlamentari. A poco sono servite le promesse «anti-Kasta» dei grillini, appena espugnato Palazzo Senatorio. Certo, qualche auto blu è stata tagliata (ma solo quelle dell’Assemblea capitolina presieduta da Marcello De Vito, il grande oppositore interno di Virginia Raggi e abbastanza avvilito per la piega che ha preso ormai la faccenda). Un po’ poco per chi in campagna elettorale - e ancora prima sui banchi dell’opposizione - prometteva di «cambiare tutto». Per il resto la marcia dei Cinquestelle al governo di Roma assomiglia molto al famoso passo del gambero, dal rinnovamento (a parole) alla restaurazione. Indietro tutta. Non solo per le capriole dialettiche sullo stadio della Roma a Tor di Valle, descritto come una «speculazione edilizia» durante tutta la campagna elettorale (e ancora prima all’opposizione), poi diventato addirittura un «obbiettivo» del Movimento e ora appeso al filo sottile delle dinamiche interne ai grillini.

L’approdo dei pentastellati in Campidoglio porta con sé la rentrée nelle stanze dei bottoni dei vecchi boiardi del potere comunale, specie nei fortini delle società partecipate, abituale terreno di caccia dei vecchi partiti. E poi parenti incasellati nelle amministrazioni municipali o assoldati come consulenti, iscritti al Movimento promossi e premiati con l’aumento di stipendio (non solo Romeo...), i vecchi riti della Prima repubblica che diventano la trama principale delle avventure di Raggi in Campidoglio, tra dimissioni respinte «con riserva», rimpasti da vecchia Dc, caminetti tra capi-correnti. Nel frattempo il «bubbone», come l’ex prefetto Franco Gabrielli chiamava il marcio della macchina amministrativa capitolina, resta. Di più: la sensazione è che si espanda anche tra una chat e l’altra.

LE PARTECIPATE
In Atac sono tornati a gestire le leve di comando i dirigenti che erano stati allontanati negli ultimi anni: Franco Middei, licenziato un anno fa dall’ex diggì Rettighieri e ora riassunto, i manager impelagati in Parentopoli, Federico Chiovelli, attivista Cinquestelle subito tornato a guidare la ferrovia Roma-Viterbo, da cui era stato rimosso. Nel frattempo un presidente di Municipio M5S è stato promosso da autista semplice a capotreno (Alfredo Campagna) e un’ex candidata grillina all’Europarlamento, Bianca Maria Zama, ha fatto il grande salto ed è diventata la responsabile degli Audit. Anche in Ama il vecchio establishment aziendale ha tentato il ritorno, mentre si consumava lo scontro interno tra l’ex assessore Muraro e il diggì Stefano Bina. Dopo il presidente Daniele Fortini, è stato allontanato dalla direzione industriale Pietro Zotti, legato ad ambienti Pd, mentre Emiliano Limiti, ex dirigente Tari poi retrocesso agli acquisti, coinvolto in Mafia Capitale prima di essere archiviato, ha ottenuto la poltrona di responsabile della gestione amministrativa e Alessandro Muzi, vicinissimo alla Muraro, è tornato a fare il responsabile degli impianti quando invece avrebbe dovuto lasciare l’azienda il 31 dicembre scorso. Il «ritorno degli alemanniani», lo ha bollato il Pd.

FAMIGLIE A 5 STELLE
In Comune l’ascesa (e caduta) di Raffaele Marra, con un passato a destra, e la promozione del fratello, Renato, sono cose note. Meno noto è quello stuolo di famigli che, grazie al M5S, ha trovato collocazione nel sottobosco dei municipi. Una grande tribù. La compagna di Marcello De Vito che diventa assessore in III municipio; la moglie del consigliere anziano Enrico Stefàno che diventa assessore in VII; l’ex fidanzata di Dario Adamo, uomo della Casaleggio, assunta come consulente dall’assessorato ai Trasporti. E la lista (lunghissima) potrebbe continuare. I sindacati che dicono? Quelli dell’Usb sono schierati per i Cinquestelle fin dalla campagna elettorale (il «sindacato della sindaca», dicono le sigle rivali), gli altri «collaborano» in nome di quel consociativismo che sembra tornato di gran moda a Palazzo Senatorio. Nonostante gli «onorevoli» grillini.
 
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