Roma, M5S ora striglia tre assessori: «Devono produrre di più»

Roma, M5S ora striglia tre assessori: «Devono produrre di più»
di Simone Canettieri
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Venerdì 20 Ottobre 2017, 07:54
Sala delle Bandiere, Campidoglio, tardo pomeriggio. I presidenti delle commissioni, con il coltello fra i denti, sono inviperiti nei confronti dei rispettivi assessori. «D'altronde non li abbiamo mica scelti noi, eh», si lascia sfuggire una consigliera comunale. A capotavola Virginia Raggi, costretta a troncare e sopire le polemiche. La pentastellata torna avvocato (ruolo che tra l'altro le manca, come confessa ogni tanto). E quindi difende d'ufficio i colleghi di giunta processati in contumacia e se la prende con la burocrazia comunale. La riunione - grillina a 24 carati - è metà tra Un giorno in Pretura e C'è posta per te. Battuta fulminante uscita dal vertice: «Se ai dipendenti serve uno psicologo, a noi consiglieri servirebbe un corso zen». Paolo Ferrara fa il vigile e dissimula. Marcello De Vito entra ed esce.

GLI ATTACCHI
E' l'occasione giusta per prendersela con gli assessori, per vantarsi di essere «noi, mica loro», dei veri pentastellati «che hanno preso i voti». E allora ecco Maria Teresa Zotta, insegnante e presidente della commissione Scuola, tornare alla carica dell'assessore Laura Baldassarre. Le due non si amano. Zotta la contesta ogni tre per due. Davanti e dietro. Per dirne una: sul caso dello sgombero di via Curtatone, con Baldassarre in vacanza in Svezia, i fulmini di Zotta, «Teresina» per tutti, arrivarono fino alla penisola scandinava: «Ma come si fa!». Sono queste piccolezze, mai chiarite, che sommate insieme fanno dire ai consiglieri che «certi assessori andrebbero aiutati con altri staff». Assessori ombra? «Diciamo gente preparata sul tema, visto che loro non ci arrivano, magari perché fanno troppe cose, no?». Nel caso della Baldassarre, donna Unicef, il riferimento è alla scuola. Finita qui? Macché. Andrea Coia, che i maligni chiamano «l'uomo bancarella» per via della riforma sugli ambulanti, inforca bene gli occhialini. E va dritto. Il presidente della commissione Commercio ce l'ha con Adriano Meloni, il suo omologo in giunta. «Si occupa solo di turismo e per il resto, cioè il commercio, è assente». Borbottii. Anche per lui l'opzione proposta sarebbe quello di affiancarlo. Virginia Raggi ascolta. Poi compulsa il cellulare. A volte fissa gli interlocutori. Senza proferire parola. Quando la tensione sale, la sindaca fa la sindaca: «Spiegatemi bene, questa pratica, come possiamo sbloccarla?». Poi c'è un altro siparietto tra il complotto e la rassegnazione. Si alza un consigliere: «Ragazzi, ma diciamoci la verità: negli staff degli assessori è pieno di gente del Pd. Sì, sono loro a dettare la linea, ma non la nostra, bensì quella dei dem».

I PROMOSSI
Risata amara. Eleonora Guadagno, presidente della commissione Cultura, ascolta la battuta. Tace. Tutti pensano a Luca Bergamo, che troppe tende ha piantato nel centrosinistra. Picchetti che puntualmente, alla prima nomina da piazzare, riemergono. «Io le voglio bene e la stimo, ma deve darsi una scossa», è il concetto in soldoni che l'imperscrutabile Enrico Stefano, presidente della commissione Trasporti, manda a dire a Linda Meleo. Lui pensava di fare l'assessore-ombra ma evidentemente le cose non sono andate come da programma. «Sono due tram su binari paralleli». Salvati, in quanto non menzionati, gli assessori Frongia, Gatta, Lemmetti e Castiglione. Ovvero quelli più grillini della compagnia. Cronache di un pomeriggio di purezza che Raggi chiude così: «Mi farò portatrice delle vostre istanze».