Roma, le porte girevoli degli assessori: già diciotto rimossi o dimissionari

Roma, le porte girevoli degli assessori: già diciotto rimossi o dimissionari
di Simone Canettieri
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Lunedì 23 Ottobre 2017, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 11:05
Il primo a salutare la compagnia fu Roberto D'Alessandria nel XII municipio, Colli Portuensi. Pronti e via, nemmeno 24 ore per dire agli amici di essere diventato assessore, che fu costretto a lasciare. Si era candidato, senza dirlo al M5S, nel 2013 con una lista di sinistra. Revocato. Era il 13 luglio del 2016, tempi di sbornia grillina tra «rivoluzioni gentili» e «signori, il vento sta cambiando». Dopo quindici mesi di governo pentastellato a mulinare nell'aria sono state le poltrone municipali, però. Arrivati a questo punto della storia sono già 18 gli assessori cacciati o dimissionari. Un turnover senza eguali: basti pensare che nei 15 municipi di centrosinistra, caduti con Ignazio Marino, dopo due anni e mezzo, ci furono solo 4 cambi.

SCHIAFFI FUTURISTI
In questo anno e tre mesi se ne sono viste di tutti i colori. Al IV municipio, che è quello di Tiburtino e non a caso di Casal de' Pazzi, in sequenza c'è stato un delegato allo Sport e alla cultura, Claudio Perazzini che un bel giorno ha capito di essere stato messo alla porta proprio perché la mini-sindaca, Roberta Della Casa, gli aveva cambiato la serratura dell'ufficio. «Non eravamo sulla stessa lunghezza d'onda», fu l'epigrafe della grillina. Costretta poi a farne fuori un altro, Alessandro Pirrone, delega ai Lavori pubblici e ai colpi proibiti: prese a schiaffi un consigliere perché, come raccontò pentito ma non troppo, «ero vestito di bianco e quando sono passato in corridoio ha iniziato a deridermi dicendo cornetti, bibite, gelati». Per inciso: anche la vittima era un grillino. La storia della terza epurata sempre qui, nel IV, merita due righe di racconto: Emanuela Brugiotti, delega al Bilancio e Trasparenza, sostituita perché «incinta». Le donne Pd insorsero, la mini-sindaca si difese: «Nessuna discriminazione ma solo la necessità di mandare avanti la macchina amministrativa». Una fine migliore è capitata a Francesca Cajani, uscita dalla porta del XIII (Aurelio) e da pochissimo entrata nello staff di Pinuccia Montanari in Campidoglio, sempre con compiti inerenti all'Ambiente.

I RIPESCATI
È andata meglio a Monica Rossi che ha salutato il XII municipio, Monteverde, per finire in Campidoglio con doppia piroetta dello stipendio: passato dai 30mila euro del primo contratto, firmato a dicembre 2016, ai 55mila previsti dalla delibera approvata dalla giunta lo scorso 9 ottobre. Sgomberata il posto nella giunta Crescimanno si occupa adesso del piano rom del Comune. In questo valzer di gente che va e che viene, capita anche che negli uffici facciano pasticci. Con il paradosso che nonostante il benservito alcuni ex assessori continuino a percepire lo stipendio. Ne sa qualcosa, Monte Mario, Carlo Cini già responsabile al Bilancio. Ma anche Claudio Bollini (XV), Emanuela Brugiotti e Claudio Perazzini (IV). Tutti, va detto, pronti a restituire il maltolto.
Per il M5S una lunga teoria di inciampi e problemi di crescita nel reperire la classe dirigente periferica (in Campidoglio la giunta Raggi ormai ha numero di una squadra di calcio con tanto di panchina lunga). Con tratti da calcio-mercato. Basti pensare che a Garbatella (VIII) poco prima delle dimissioni del presidente Pace, alcuni attivisti pensarono bene di scrivere un annuncio su Facebook per trovare i sostituti dei quattro che avevano lasciato la barca. Da una parte le deleghe in palio, dall'altro il compenso: «Circa 2.500 per gli assessori, 2.800 in caso di vicepresidenza». Non è andata bene.