Roma, il Pd chiede il rimpasto e pensa al dopo Marino

Roma, il Pd chiede il rimpasto e pensa al dopo Marino
di Mauro Evangelisti
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Sabato 1 Marzo 2014, 07:59
Nessuno nel Partito democratico pensa che Ignazio Marino far il sindaco per cinque anni. E c’ una data di scadenza, come per le mozzarelle: il 25 maggio. Cosa succede tra meno di tre mesi? Si svolgono le elezioni europee, prima di allora il Pd non si può permettere di drammatizzare la vicenda del Campidoglio. Ma per il dopo elezioni è già pronta una exit strategy, tanto che ieri si parlava dei renziani che già stanno lavorando a un futuro senza Marino. Spiega un importante dirigente romano: «Il sindaco ha tempo fino alle europee per dimostrare che ha imparato la lezione, che ha capito che deve collaborare con il Partito democratico.



Se per allora si vedrà che nulla è cambiato, allora prenderemo atto che serve altro. Meglio mandare subito a casa Marino che rischiare di perdere tra cinque anni. Il timore è che si ripeta un episodio come quello dell’altro giorno, un’altra sfuriata del sindaco non sarebbe sostenibile». Renzi è preoccupato e ormai tutti guardano alla primavera 2015 come orizzonte per le elezioni comunali a Roma. Il problema - e su questo riflettono le anime del Pd - è come arrivarci.



TUTELA

Marino ieri ripeteva: sono entusiasta di essere stato chiamato dal governo a preparare e applicare il piano di rientro triennale, come scritto nel Salva-Roma. Ma anche questo strumento, con il Campidoglio che finirà sotto tutela del Ministero dell’Economia, sarà un modo per costringerlo a uscire dalla stanza in cui si è chiuso insieme al suo cerchio magico, che ormai di magico ha davvero poco. Melilli, segretario regionale e parlamentare del Pd, ieri misurava le parole ma a sapere leggere tra le righe si capisce che siamo alle porte di un ultimatum: «Il piano di rientro è un’occasione molto importante per risanare Roma, farla uscire da questa situazione di grande difficoltà. E il Partito democratico vuole avere un ruolo da protagonista, collaborare con il sindaco». Anche un renziano come Nobili, vicesegretario romano del Pd, vedeva nel percorso del piano di rientro la cartina tornasole di un mutato atteggiamento di Renzi: «Il governo ha aiutato Roma, il Pd è stato compatto. Ora però anche Marino faccia la sua parte».



OLTRE

Tradotto: Marino non potrà continuare a isolarsi, le urla «blocco la città» e «prendiamo i forconi» che hanno infastidito (eufemismo) Renzi al suo esordio da primo ministro, possono di costargli caro. Per questo se non Renzi, i renziani, stanno già riflettendo sul futuro. Che è un futuro prossimo non remoto. Ieri all’Ansa un altro esponente dell’ala romana fedele all’ex sindaco di Firenze spiegava: «C'è una diffusa consapevolezza che il Pd deve attrezzarsi per scenari imprevedibili, anche post Marino». In fondo la primavera del 2015, prima finestra probabile per le elezioni comunali se Marino cade dopo le europee, non è così lontana.



RINFORZI

Nei confronti di Marino, sempre più solo, continua l’assedio sul rimpasto, che il sindaco vede come un male peggiore di una doppia foratura con la bici. Panecaldo, Pd, coordinatore di maggioranza: «Dopo otto mesi, se ci dovesse essere un rimpasto, o meglio un cambio di passo, noi crediamo che sia il momento di farlo assieme». Ieri qualcuno ha visto una timida apertura dal sindaco, leggendo una dichiarazione del suo vice, Nieri: «Dobbiamo riuscire a dare impulso a una fase nuova e complicata. La giunta dovrà essere adeguata a questo livello». Ma il segretario romano Cosentino ha precisato che per ora il rimpasto non è il primo problema per il Partito democratico. Il nodo vero è che nel Pd ora in tanti si domandano se non sia un’avventura densa di insidie. C’è chi ipotizza di convincere Marino ad aprire a big come Tocci (ex assessore al Traffico con Rutelli) e Causi (ex assessore al Bilancio con Veltroni). Ma c’è anche chi consiglia di lasciar perdere e indica la famosa data di scadenza. Il 25 maggio.
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