Il Tesoro boccia i conti di Roma, Campidoglio convocato a settembre

Raggi (Ansa)
di Fabio Rossi
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Mercoledì 2 Agosto 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 3 Agosto, 08:07

La bocciatura è di quelle che fanno clamore. Anche perché riaccende nuovamente i riflettori sui conti della Capitale, riapre una partita che sembrava chiusa - quella del salario accessorio dei 23 mila dipendenti del Comune di Roma - e mette a rischio, a partire dal mese di settembre, il pagamento dei premi di produttività e dei bonus per i lavoratori capitolini, previsti dall’accordo raggiunto a maggio tra la giunta di Virginia Raggi e i sindacati. La comunicazione ufficiale arriverà a Palazzo Senatorio fra qualche giorno, con mittente la Ragioneria generale dello Stato.

Il contenuto si può sintetizzare così: il piano approvato dal Campidoglio per il recupero delle somme illegittimamente erogate ai propri dipendenti come salario accessorio, dal 2008 al 2012, è tecnicamente inaccettabile. Non solo: al tavolo tecnico istituito al ministero dell’Economia ancora non sono arrivate le certificazioni sul raggiungimento dei risparmi previsti dal piano di rientro (440 milioni di riduzioni alla spesa tra il 2014 e il 2016). Soprattutto, non potranno mai arrivare quelle relative agli obiettivi del piano sulle partecipate: il Campidoglio non ha mai realmente avviato quel programma di cessioni e liquidazioni fissato tre anni fa. Il Mef convocherà a settembre sindaca e assessore capitolino al bilancio: dovranno fornire risposte ai tanti dubbi sollevati dai tecnici della Ragioneria.

LE CIFRE
Non si tratta peraltro di dettagli o di numeri da mettere in fondo alle pagine del bilancio: la partita dei rimborsi sul salario accessorio vale ben 340 milioni di euro. Che, in mancanza di una soluzione valida da trovare a stretto giro di posta, potrebbe portare a corpose detrazioni dalla parte variabile delle buste paga dei comunali, fino al totale recupero della somma versata in modo irregolare in passato. E il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro farebbe decadere il contributo annuo di 110 milioni garantito dal Governo per gli extra costi della Capitale.

Riassunto delle puntate precedenti: per anni il Campidoglio ha distribuito a pioggia i premi ai suoi dipendenti - come succedeva per la verità anche in tante altre città italiane - senza tener conto di merito o produttività. Ma l’Ispettorato generale di finanza, nel 2014, aveva bocciato senza appello il contratto decentrato di Roma Capitale, presentando anche il conto, salato: 340 milioni da recuperare, sui quali si è acceso anche il faro della Corte dei conti. Una situazione che prima l’amministrazione di Ignazio Marino e poi quella a Cinque stelle hanno provato a chiudere, riformando il sistema precedente: ma se la soluzione del chirurgo era stata bocciata da un discusso referendum tra i comunali, quella firmata Raggi aveva trovato anche l’accordo con le organizzazioni di categoria.

Restava, però, il vecchio fardello dei soldi da recuperare. Il Campidoglio nei mesi scorsi ha fatto una controproposta, anticipata a fine 2016 da una lettera firmata dalla vice ragioniere generale Paola Colusso e da Raffaele Marra, allora capo del dipartimento del Personale: rimborsare parzialmente i pagamenti non dovuti, ossia soltanto quelli successivi al 3 ottobre 2010, quando il vecchio Comune di Roma è formalmente diventato Roma Capitale.

L’IDEA
Si tratterebbe di 80 milioni, invece di 340, che Palazzo Senatorio ricaverebbe da risparmi certificati ottenuti negli ultimi tre anni. Ma i tecnici della Ragioneria dello Stato non sono dello stesso avviso: i risparmi previsti dal piano triennale di riequilibrio del deficit capitolino, chiuso nel 2016, non si possono conteggiare due volte: una per risanare il bilancio e l’altra per recuperare i soldi illegittimamente erogati ai dipendenti.

Altro problema: in linea generale le cifre illegittimamente versate dovrebbero essere recuperate dalla stessa voce: per la restituzione si dovrebbe andare ad attingere dai nuovi fondi per il salario accessorio. La legge consente all’amministrazione comunale di spalmare la restituzione dei fondi in più tranche, attraverso «quote annuali per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento dei vincoli». Il Campidoglio quindi potrebbe predisporre un piano di sei rate, di importo compreso tra i 55 e i 60 milioni.

I TECNICI
La Ragioneria potrebbe proporre misure alternative per recuperare almeno in parte le risorse - dal taglio della spesa per i dirigenti ai risparmi sulle sedi comunali decentrate - ma toccherà a Raggi e alla sua giunta trovare soluzioni politicamente sostenibili e tecnicamente valide. Così come toccherà all’assessore Massimo Colomban, in piena crisi Atac, convincere l’amministrazione capitolina ad accelerare sulla riforma della holding delle partecipate. Altrimenti, senza i 110 milioni per gli extra costi e con 340 milioni da recuperare per il salario accessorio, la prossima manovra potrebbe rivelarsi esiziale per le casse di Palazzo Senatorio.

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