Incontri riservati «in posti precostituiti». E contatti tramite telefoni cellulari intestati a terze persone. Così Camilla Marianera, l'aspirante avvocatessa arrestata con l'accusa di avere comprato da una "talpa" dell'Ufficio intercettazioni le informazioni coperte da segreto istruttorio su pedinamenti, cimici e trojan, evitava la tracciabilità e la ricostruzione delle comunicazioni e delle conversazioni con la sua fonte. Tanto che la stessa Marianera, nei dialoghi captati, parlando della persona che le fornisce le notizie spiega a Luca Giampa, che vuole scoprire se sia sotto "osservazione" da parte dei pm: «Lui mi dice "non venire troppo frequentemente"». E per usare ulteriori accortezze lei e il fidanzato, Jacopo De Vivo, spesso raccoglievano «pacchetti». Ossia gruppi di nomi sui quali eseguire i controlli, proprio al fine di minimizzare i rischi ed evitare incontri e contatti. De Vivo dice anche di averne racimolati dieci tutti insieme e che per due o tre i riscontri sono stati effettivamente positivi. Ora è a quei clienti che la procura dà la caccia. Perché l'attività dell'aspirante avvocatessa, per l'aggiunto Paolo Ielo e i sostituti Francesco Cascini e Giulia Guccione, che indagano per corruzione in atti giudiziari, avrebbero violato il segreto istruttorio a partire dal 2021 e fino al dicembre 2022.
LE TALPE
Per il gip, Camilla Marianera aveva una vera e propria rete. «Numerosi rapporti all'interno degli uffici giudiziari», si legge nell'ordinanza, dove si specifica che l'indagata «inoltrava quindi su più canali di comunicazione, solo alcuni dei quali meglio individuati, richieste a plurimi funzionari dei servizi giudiziari, spesso ottenendo risposte o consigli, anche di favore, su come operare per ottenere le informazioni richieste e qualche volta cortesi rifiuti».
E dalle intercettazioni si comprende come l'attività andasse avanti da tempo: «Calcola che io a Manuel glielo dissi proprio in quel periodo che diceva c'erano le guardie sotto».
I RISCONTRI
Camilla Marianera, durante l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Gaspare Sturzo, si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Ma poi ha reso spontanee dichiarazioni sostenendo di avere sempre e solo millantato e che in realtà era solo un modo per racimolare qualche soldo, consegnando, in realtà, a chi pagava, informazioni senza fondamento. Una versione che non convince affatto gli inquirenti: in primo luogo perché Marianera prima di incontrare Giampà al Fungo e consegnargli le notizie ottenute era davvero stata in tribunale. Poi perché, lo scorso novembre, parlando con il fidanzato su "Signal" per un altro "cliente" da controllare e al quale de Vivo aveva chiesto 700 euro dice: «Allora io lo faccio questo controllo, qualora dovesse uscire qualcosa di rilevante tipo... ovviamente una parte deve passare dì là». Facendo così capire che la talpa veniva retribuita soltanto in caso di riscontro positivo, ossia quando emergeva che le intercettazioni erano in corso. E De Vivo risponde «Male che va a quello gli regali 200 piotte».