Di quella notte di tre anni fa ricorda ancora il rumore della pioggia che si abbatteva sulle vetrate del locale dove tuttora lavora e l'occhio torna, quasi per un riflesso incondizionato, a dare fastidio. Perché questo a volte fa la memoria: oltre ai ricordi, risveglia dolori fisici che si credevano dimenticati.
Lo sa bene Matteo (lo chiameremo così perché chiede l'anonimato) quanto l'oblio non sia altro se non una parola di cinque lettere. Una sera di maggio di tre anni Giandavide De Pau, il 51enne arrestato con l'accusa di triplice omicidio aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi per la morte delle tre prostitute di Prati, lo massacrò di botte. «Distacco della cornea diagnosticarono all'epoca i medici», racconta Matteo, oggi 45enne. Quel sabato sera del maggio 2019 si trovò faccia a faccia con la furia dell'uomo che prima di essere etichettato come il killer delle prostitute era soltanto l'autista di fiducia di Michele O pazz', al secolo Michele Senese, e qualcosa di più di un semplice conoscente per Massimo Carminati.
LA DINAMICA
«Me lo trovai di fronte alla porta del locale che bussava dopo l'orario di chiusura, aveva lo sguardo perso, si capiva che non era in sé».
Sul posto «arrivarono non le volanti del commissariato - ricorda ancora il 45enne - ma personale dalla Questura, probabilmente perché dalla targa avevano capito chi fosse». Del resto i guai con la giustizia De Pau li aveva iniziati a collezionare negli anni Novanta: i primi arresti domiciliari terminarono nel settembre del 1996 per droga.
L'ARRESTO
«Passai la notte a verbalizzare la denuncia, dopo l'aggressione la polizia lo trovò a casa ma lui non aprì, sfondarono la porta e dentro trovarono una cubana, denaro, cocaina ed armi. Quando capii che era davvero un tipo pericoloso non ritirai la denuncia, non gli andai a chiedere i danni ma ecco, non mi importava, sapevo che lo avevano preso e questo mi rincuorava, soltanto che poi è uscito e quanto accaduto a Prati, a quelle povere donne, è stata a mio avviso una tragedia annunciata. Quella notte non la dimenticherò mai e non per la violenza ma per lo sguardo che quell'uomo aveva, il volto tirato, gli occhi che quasi uscivano dalle orbite era fuori di sé totalmente e la cosa più assurda, a cui adesso penso, è che all'epoca, quando gli agenti di polizia lo fermarono per la mia aggressione, disse esattamente quanto proferito ora per le prostitute: non ricordava nulla. Eppure da allora ha scontato poco e niente, è tornato a frequentare i locali, è accusato di aver ammazzato in un solo giorno tre donne. Uno così esce dal carcere e non trova riscatto perché non lo cerca. Uno come De Pau dimostra tutte le incongruenze del nostro Paese».
Matteo ricorda anche il contraltare che poi si è palesato nella vicenda dei delitti. «Una settimana dopo l'aggressione entrò nel locale una donna, che scoprii essere la sorella di De Pau, mi chiese se ero io la vittima e disse che la madre era fuori in macchina, si volevano scusare con me per quanto fatto dal fratello. Mi fece tenerezza, pure lei una vittima». La stessa che poi ha deciso il 18 novembre scorso, un giorno dopo la mattanza di Prati, di chiamare i carabinieri per denunciare il sospetto sul fratello: «Lui diventa matto quando fa uso di sostanze. Dice c'era sangue, non so se sono stato io...non mi ricordo niente (mamma smettila di piangere)...».