Roma, lite con Raggi sul caso Tredicine, «fiducia a tempo» per l'assessore Meloni: già pronto il nome del sostituto

Roma, lite con Raggi sul caso Tredicine, «fiducia a tempo» per l'assessore Meloni: già pronto il nome del sostituto
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 2 Dicembre 2017, 07:58 - Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 09:44

O smentisci. O ti scusi. O ti dimetti, subito. Virginia Raggi ha davanti l'articolo uscito ieri sul Messaggero quando chiama Adriano Meloni e sgancia l'ultimatum. La sindaca stavolta è davvero «infuriata», come la descrivono anche i collaboratori più fidati. «Ma Adriano, non capisci che così ci metti tutti in difficoltà! Dopo tutto il lavoro che è stato fatto sulle bancarelle!», è lo sfogo della sindaca grillina, quando l'assessore allo Sviluppo economico ammette che sì, il colloquio via Whatsapp riportato sulle nostre colonne, è vero, parola per parola. C'è poco da smentire. «Ma questo è un assist al Pd!», ripetono increduli nell'entourage della Raggi, che al manager approdato in giunta fin dall'inizio dell'avventura a Palazzo Senatorio non ha fatto sconti. «Non puoi accostare il Movimento ai Tredicine, è inaccettabile». E allora la richiesta: «Scusati con Andrea (Coia, il presidente della Commissione Commercio che secondo Meloni avrebbe stretto un patto con la famiglia che controlla le bancarelle), hai tempo fino a stasera». Meloni respinge la tentazione di dimettersi e alle 18.52 schiaccia il tasto pubblica sulla sua pagina Facebook: «Non c'è alcun legame tra il M5S e la famiglia Tredicine», si legge, «mi scuso con Andrea Coia, parole fuori luogo».

IL METODO
L'incidente, però, è tutt'altro che chiuso. In Campidoglio c'è chi prefigura per il fondatore di Expedia.it un trattamento Mazzillo, cioè una exit strategy simile a quella adottata per rimpiazzare l'ex assessore al Bilancio, silurato a fine agosto dopo i suoi sfoghi contro i «manager pendolari da Milano». Il metodo è stato rodato in questi mesi al governo di Roma e funziona così: prima si trova il sostituto, poi si procede al cambio in giunta. In modo da evitare scossoni.

IL DISTACCO DEI VERTICI
Del resto le parole di Meloni contro i consiglieri M5S sembrano avere indebolito anche lo scudo di Casaleggio, quella protezione speciale che l'assessore poteva vantare per il legame con il fondatore di Rousseau. I vertici nazionali del Movimento, a partire da Luigi Di Maio, seguono ormai con un certo distacco ciò che accade dentro le mura di Palazzo Senatorio. Tra manager delle municipalizzate e membri della giunta, in un anno e mezzo di mandato è saltata quasi una poltrona al mese. Un assessore che lascia non ha più l'effetto di un terremoto politico, come poteva essere all'inizio della consiliatura. Sono questioni che deve sbrigare «Virginia», da sola, ragionano ai piani alti del M5S. E la sindaca, così, sente di avere mano libera. «Posso cambiarne anche cento», ha detto due settimane fa dopo le dimissioni del direttore generale dell'Ama, Stefano Bina.

«ADRIANO ASSENTEISTA»
L'uscita di Meloni, allora, potrebbe essere solo rinviata. A ridosso di Natale o all'inizio del 2018. Anche perché il responsabile del Commercio è ormai inviso a mezza giunta, che lo descrive, forse in modo un po' macchiettistico, come un pervicace «assenteista», considerando che negli ultimi quattro mesi ha saltato una seduta su due (e basta andare sul sito del Campidoglio per verificare). Lui finora ha sempre tenuto duro, rivendicando il lavoro fatto e spiegando ai fedelissimi: «Resto... almeno fino a che non mi cacciano». Ma non è detto che quel momento, prima o poi, non arrivi davvero. Anche perché un sostituto potrebbe già esserci: il capo segreteria dell'assessorato, Leonardo Costanzo.
 

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