L’incidente di luglio/ Un’offesa il perdono al macchinista Atac

di Mario Ajello
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Mercoledì 6 Dicembre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 09:19
Il diritto acquisito a lavorare male, addirittura mettendo a repentaglio la vita delle persone, non si tocca. E così il dirittismo finisce per premiare, a dispetto di chi gridò «licenziatelo!», il macchinista dell’Atac. 
Si tratta del macchinista dell’Atac che nello scorso luglio è stato responsabile di un pessimo atto. Come dimenticare l’episodio di luglio, in cui un conducente della metro B - intento a consumare il proprio spuntino al posto di guida - fa partire il convoglio trascinando una donna incastrata tra le portiere, rischiando di ucciderla? Un atto così, su cui è ancora aperta l’indagine della magistratura, andrebbe punito con la massima severità. E invece, dopo cinque mesi di sospensione, ora il macchinista è stato reintegrato dall’Atac. A riprova che il «nulla resterà impunito», vecchio slogan pseudorivoluzionario che non si può sentire, s’è capovolto nel suo contrario. E chi sbaglia paga è una legge che oggi non vale nella Capitale.

Ma è questa l’Atac che aveva promesso discontinuità nella sua gestione non solo finanziaria (è sotto concordato preventivo per il debito accumulato di 1,3 miliardi) ma anche nei comportamenti dei suoi dipendenti? Reintegrare il macchinista che ha compiuto un errore così grave significa lanciare un messaggio sbagliato. Sia verso gli altri lavoratori - come a dire loro: lassismo e perdonismo qui sono di casa - sia ai cittadini che oltre a nutrire disamore e sfiducia nei confronti dell’azienda di trasporti si sentiranno anche più insicuri. Come segno di cambiamento reale, e non retorico, l’Atac poteva scegliere il pugno duro contro il suo dipendente. Non lo ha fatto, preferendo continuare a rovinare la propria immagine e quella della Capitale. Bisognava agire in maniera opposta.

Facendo valere la certezza del rigore contro l’indulgenza demagogica. La stessa che ha prodotto, per i 784 vigili assenteisti del famoso Capodanno dei finti malati nel 2014, appena qualche buffetto e nessuna vera sanzione. Non è bello scoprire una Roma sempre uguale. Identica a quella che faceva dire a Leo Longanesi: «E’ meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità». Irresponsabilmente si fa diventare l’immeritevole, e in questo caso anche pericoloso, un intoccabile. Così vengono rassicurati i sindacati, a riprova che l’interesse corporativo prevale sull’interesse pubblico, e si garantisce un’artificiosa pace aziendale che non serve a nessuno e penalizza gli utenti.

Di fronte all’episodio della metro, alle conseguenze che ha prodotto sulla vittima e sui romani, alle immagini che hanno fatto il giro del mondo (in cui si vede la signora Natalya trascinata con un braccio dentro e il corpo fuori dal convoglio che parte in velocità senza fermarsi fino alla successiva stazione), bastava dunque da parte dell’Atac mostrare un briciolo di coscienza e di buon senso. Trasformare invece l’inefficienza colposa in un atteggiamento tollerabile è davvero intollerabile.
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