Roma, appalti fermi: spunta il bonus sblocca-gare per i dipendenti

Roma, appalti fermi: spunta il bonus sblocca-gare per i dipendenti
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 14 Novembre 2017, 07:46 - Ultimo aggiornamento: 17:44
I dipendenti del Campidoglio scansano come la peste gli appalti per evitare rogne legali? La giunta M5S mette sul piatto i soldi. Un gettone generoso che per legge può arrivare fino al 50% dello stipendio annuale. Non proprio spiccioli. Il fatto è che nei dipartimenti di Palazzo Senatorio, dopo il ciclone giudiziario del Mondo di Mezzo, nessuno o quasi vuole prendersi la responsabilità di mettere la firma sulle carte delle commesse pubbliche. Ecco perché decine di appalti viaggiano al rallentatore, rimpallati da un ufficio all'altro, mentre i commissari di gara che vengono via via designati spediscono certificati medici, stendono dichiarazioni di incompatibilità, pur di sfuggire alla seccatura di un incarico che, a dirla tutta, sarebbe tutto fuorché straordinario per chi di mestiere fa il dipendente pubblico.

AL RALLENTATORE
Eppure, a Roma, va così. Nelle stanze della Centrale dei beni e servizi, da cui passano tutti gli appalti che non riguardano lavori pubblici, sono rimasti in carica appena dieci rup, che sta per «responsabile unico del procedimento». Un po' pochi, su un totale di quasi 150 dipendenti. Pensare che si tratta di figure fondamentali, che seguono passo passo un appalto, dal bando all'aggiudicazione finale. Anche perché le normative anticorruzione sconsigliano di affastellare su uno stesso dipendente troppi procedimenti, proprio per scongiurare accentramenti di potere (e di soldi pubblici). Finora, per necessità, si è fatto finta di nulla. Anche se in alcuni casi i dirigenti del Comune sono stati costretti a mettere nero su bianco che i «carichi di lavoro» erano insostenibili.
Il problema è stato preso di petto dall'assessore ai Lavori pubblici, Margherita Gatta. Che il 30 ottobre scorso, insieme al direttore del dipartimento della Manutenzione urbana, Roberto Botta, ha preso carta e penna e ha scritto al segretario generale del Campidoglio, Pietro Paolo Mileti, per chiedere un'accelerazione sul varo di un regolamento sugli «incentivi per le funzioni tecniche».
Sono bonus introdotti dal Codice dei contratti varato l'anno scorso, pensati per finire in tasca a chi, negli enti locali, si occupa di appalti e, nello specifico, di compiti che vanno «dalla progettazione, alla direzione dei lavori, alla vigilanza, ai collaudi tecnici, alle verifiche di conformità, al collaudo statico, agli studi, alla progettazione dei piani di sicurezza», così si legge all'articolo 113 del decreto legislativo 50 del 2016.

IN BUSTA PAGA
Come funzionano questi gettoni? Il Comune può stanziare fino al 2% delle risorse destinate alle commesse pubbliche per dare vita a un fondo con cui premiare i dipendenti che decidono di occuparsi degli appalti. L'80 per cento di questo fondo viene intascato dai tecnici comunali, che possono veder schizzare il proprio 730. Di quanto? Gli incentivi possono arrivare fino «al 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo». Cioè la metà dello stipendio. Chi guadagna 40mila euro l'anno, con questi incentivi può incassarne 20mila in più. Solo il restante 20 per cento del fondo, invece, andrebbe a finanziare progetti di innovazione. Il grosso della torta, quindi, è per i comunali. Lo consente la legge, ma per introdurre questi generosi extra serve un regolamento interno. Quello che il Campidoglio ora, su input dell'assessora Gatta, si appresta ad approvare. Sperando che almeno così, con la prospettiva di una sostanziosa ricompensa, si riesca disincagliare il pantano degli appalti.