Henok, storia del bimbo che non guardava negli occhi

Henok
di Laura Bogliolo
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Mercoledì 24 Maggio 2017, 16:19 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 21:51
I suoi giochi erano il vento che sollevava la sabbia del deserto e le onde che sconvolgevano il Mediterraneo. Non capiva il perché di quel viaggio così lungo, mentre la mamma provava a spiegare: "E' un grande gioco, andiamo a trovare papà, saremo di nuovo uniti: vince chi arriva primo".

Avrebbe voluto continuare ad abbracciare la mamma anche se le sue parole a volte svanivano tra i morsi della fame e la fatica. Avrebbe voluto quell'abbraccio anche sul barcone, ma le sue lacrime ormai non venivano più raccolte da mani dolci. Accanto a lui era rimasto il cugino della mamma e la stretta alla mano ormai era cambiata, più forte, per la paura, per la disperazione di essere soli.

Henok viene dall'Eritrea e non ha nemmeno sei anni. "Quando è arrivato da noi era scioccato, non parlava e non guardava negli occhi". Henok ha lasciato al sua casa, il suo villaggio. Ha attraversato il deserto del Sudan e poi anche quello delle emozioni. La mamma è morta durante il viaggio, ma il piccolo ha dovuto continuare a trascinarsi lontano. Perché quelli come lui non possono tornare indietro, anche se hanno paura, fame, freddo, caldo e voglia di piangere. Anche se si ha poco più di 5 anni e la mamma non c'è più. Henok ha capito che non c'era nessun gioco e che la vita può essere altro. Ha oltrepassato quel limite che i più fortunati conoscono solo quando ricordano l'essere stati bimbi.

Accanto a lui è sempre rimasto il cugino della mamma al quale è attaccatissimo. "Quando è arrivato da noi a settembre, non parlava, non guardava negli occhi, ci sono volute due settimane prima che rispondesse a qualche domanda".

La voce narrante della storia è Giorgio De Acutis, coordinatore per la Croce Rossa di Roma del Presidio Umanitario di via del Frantoio, un centro nato in collaborazione con ministero dell'Interno e Comune nell'ottobre del 2015. Qui, in quest'angolo del Tiburtino, nel IV Municipio, sono passati 1.850 migranti, 200 sono partiti per altri Paesi grazie alla formula della relocation. In 40, oggi, aspettano di essere trasferiti legalmente altrove. La convenzione con il Comune scade a fine giugno. “Non sappiamo se verrà rinnovata o meno” spiega De Acutis.

Henok ora ride, gioca. Va in bicicletta e prova a far partire una moto elettrica che però è rotta. Trova sempre qualche adulto del presidio che lo spinge sulla moto. "Grazie all'impegno dell’Unità Dublino del Ministero dell’Interno, è stato possibile ristabilire in tempi rapidi i contatti col padre in Olanda e far procedere in parallelo le due pratiche, fino alla recente felice conclusione: Henok e il cugino della mamma, infatti, partiranno insieme per l’Olanda e si ricongiungeranno col papà del piccolo alla fine di maggio" aggiunge De Acutis.

La Croce Rossa spiega che il cugino ha dichiarato immediatamente al momento dello sbarco in Italia la situazione di Henok e ha riferito, fin dall’arrivo nel presidio, che il padre del bambino risiede regolarmente in Olanda da qualche anno. Henok è dunque arrivato in Italia come “minore non accompagnato”. Il presidio ha suggerito all'Ufficio Protezione Minori del Comune di Roma di non separare Henok dal cugino, l'unica figura di riferimento e l'ufficio ha accolto la proposta: il piccolo è rimasto nel presidio. Il Comune, tra l'altro, ha curato l’iter della nomina del tutore legale, necessaria trattandosi di minore non accompagnato.

“L’intervento coordinato degli operatori del Presidio e del tutore legale – aggiunge la Cri - ha consentito poi di avviare contemporaneamente, presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma, il percorso di ricongiungimento familiare col padre per Henok e di relocation per il parente, all’inizio del mese di febbraio 2017”.

Sabato 27, alle 18, il presidio ha organizzato una festa per salutare Henok. Due giorni prima per lui e gli altri bimbi del presidio ci sarà una sorpresa. Sono stati inviati ad assistere a uno spettacolo teatrale nella scuola elementare Fabio Filzi che si trova di fronte al presidio umanitario.


“Se questa famiglia avesse potuto avere la possibilità di arrivare in Europa attraverso i corridoi umanitari – conclude De Acutis - in una situazione di legalità e sicurezza, la vita “normale” di Henok avrebbe incluso anche la sua povera mamma".


 
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