Roma, inchiesta Mondo di mezzo, Odevaine:«Facevo assumere i figli dei dirigenti del Viminale»

Roma, inchiesta Mondo di mezzo, Odevaine:«Facevo assumere i figli dei dirigenti del Viminale»
di Michela Allegri
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Mercoledì 18 Ottobre 2017, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 19:12

Appalti e mazzette, corruzione sistematica e diffusa. Nel Mondo di Mezzo di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, personaggi di spicco della politica e dirigenti pubblici si vantavano di aver fatto carriera a suon di favori e di essersi messi al servizio del sodalizio criminale. Come Luca Odevaine, l'ex componente del Tavolo tecnico sull'immigrazione del Viminale, che nelle conversazioni captate dal Ros raccontava di aver fatto assumere al Cara di Mineo figli di dirigenti del Ministero e di essere riuscito in questo modo a rivestire un ruolo di primo piano anche al ministero dell'Interno. Arrivato al Tavolo come rappresentate della Provincia, racconta di essere rimasto in carica per volontà del ministro dell'Interno dell'epoca, la Annamaria Cancellieri, come «soggetto che si interponesse fra i privati e il Ministero che doveva elargire i fondi», scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza. Tra le righe dice di aver sfruttato i legami con i vertici del governo e con i prefetti per i suoi affari. Un'intercettazione con un suo collaboratore è simbolica: «Su Mineo loro - il riferimento è alla cooperativa La Cascina - mi davano 10mila al mese, come diciamo contributo, anche perché qui c'ho assunto qualche persona, figli di dipendenti del Ministero». Uno scambio di favori fruttuoso, che gli avrebbe permesso di incrementare il prezzo della tangente, poi salita a 20mila euro grazie all'afflusso raddoppiato di migranti e quindi alla proliferazione dei guadagni.

IL FACILITATORE
Nella Capitale, Odevaine cercava invece di favorire Buzzi e soci. Divulgava informazioni riservate e orientava in flussi migratori verso i centri gestiti dalle coop del sodalizio. Il collegio non ha dubbi sulla corruzione di cui è accusato: lo definisce un «percettore di tangenti - per la sua attività di facilitatore - non solo dal gruppo Buzzi ma anche dal gruppo facente capo alla cooperativa La Cascina». Un ruolo di primo piano che ha spinto i giudici a inasprire la sua pena: è stato condannato a 6 anni e 6 mesi a fronte di una richiesta a 2 anni e mezzo di carcere avanzata dalla Procura. Avrebbe pilotato appalti a Mineo, circostanza che gli costa una condanna parallela, e sarebbe stato tenuto a libro paga dal sodalizio romano: cinquemila euro al mese in cambio di favori e agevolazioni.
Un altro esempio di intreccio corrotto tra il gruppo e la pubblica amministrazione è Franco Panzironi, all'epoca amministratore delegato dell'Ama, condannato a 10 anni. Era un «percettore sistematico di tangenti - si legge nella sentenza - elemento centrale dell'organizzazione».

SPONDA POLITICA
Poi Luca Gramazio, prima consigliere comunale e poi capogruppo in Regione di Forza Italia, l'unico politico rimasto in carcere fino al giorno della sentenza. Nelle motivazioni con cui lo condanna a 11 anni, il collegio lo definisce «sponda politica cui facevano riferimento Buzzi e Carminati, a disposizione dei quali poneva le sue cariche istituzionali, ricevendo in cambio consistenti elargizioni». Un altro tassello di rilievo nel puzzle della corruzione, è rappresentato da Daniele Ozzimo, condannato in un altro filone a 2 anni e 2 mesi. Il suo «interessamento è evidente», Buzzi lo ha definito in dibattimento «un fratello minore». Per il collegio, nella «compravendita delle sue funzioni» di assessore, proprio «Buzzi assumeva un ruolo da protagonista».