Roma, pizzo sulle occupazioni: 2 mila euro per le case comunali

Roma, pizzo sulle occupazioni: 2 mila euro per le case comunali
di Adelaide Pierucci
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Mercoledì 13 Settembre 2017, 08:59
La richiesta di un fondo cassa per celare il taglieggiamento di denaro. Si baserebbe su questo stratagemma il sistema del racket dei posti letto nei palazzi occupati gestito dai movimenti della casa. Un sistema che si sta incrinando con la collaborazione delle vittime, come Hamid, un marocchino di Casablanca da anni a Roma, che con una denuncia formalizzata nel 2015 ha ora condotto a processo Maria Giuseppa Vitale, nota come Pina, 59 anni, leader del Comitato Popolare di Lotta per la Casa, e altre due attiviste, Soumya Lofti e Delia Miloni, accusate di estorsione in concorso. Avrebbero chiesto prima venti euro al mese lievitate poi a cento per pagare le bollette per gli allacci (in realtà abusivi) e per lavori di ristrutturazione (secondo la procura mai effettuati) «Avevo bisogno di una casa perché volevo portare la mia famiglia, moglie e cinque figli, in Italia - ha raccontato Hamid - Dei connazionali mi hanno consigliato di rivolgermi a una donna che viveva in via delle Acacie. Non sapevo che fosse una ex scuola, la Amerigo Vespucci, occupata».

CASA SUA
«Quella donna si chiamava Soumya - ha proseguito la ricostruzione - Mi ha chiesto le fotocopie dei documenti. Poi lei mi ha detto che lei lavorava per Pina Vitale, una donna che lavorava per il Comune di Roma e che era in grado di aiutarmi ad avere una casa popolare ma per avere diritto ad essere iscritto alle liste comunali dei richiedenti l'alloggio era necessario un contributo di duemila euro, almeno a dire di Soumya. Io in quel momento non avevo la somma necessaria e quindi ho proposto di pagare un acconto di cinquecento euro e di saldare con il tempo il debito residuo. Cosa che ho fatto». Secondo l'immigrato, che poi ha davvero soggiornato nel palazzo occupato, tanto che si è ritrovato sotto inchiesta per invasione arbitraria dell'immobile, gli sarebbe stata assegnata una stanza appena ha versato i cinquecento euro. «Il giorno che sono entrato in via della Acacie ho conosciuto Pina Vitale che mi ha dato il benvenuto a casa sua e che mi ha spiegato che quell'edificio le era stato assegnato dal Comune per alloggiare le persone in emergenza abitativa. Da quel momento ho pagato il cosiddetto fondo cassa, una somma mensile di venti euro per le bollette della luce e per le pulizie. Pagavo alla signora Delia che abitava e aveva l'ufficio nell'edificio. La somma poi è aumentata a cento euro. A chi non pagava la Vitale diceva che sarebbe stato cacciato perché lei non faceva beneficenza. Ogni pagamento era annotato su un registro e mi veniva data una ricevuta». Ricevute che secondo il pm Luca Tescaroli, titolare dell'inchiesta, avrebbero celato estorsioni di denaro. Ticket analoghi sono stati trovati nel palazzo di via Curtatone, il cui sgombero ha scatenato ad agosto una guerriglia tra occupanti e polizia. Un edificio occupato per quattro anni da almeno cinquecento clandestini, per lo più eritrei. Le ricevute sembravano giustificare compensi per posti letto. L'inchiesta è aperta.