Un assassinio spietato e maldestro che poteva restare a lungo irrisolto

di Giovanni Ricciardi *
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Giovedì 17 Agosto 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 11:23
Il male talvolta sa essere banale, ma anche maldestro; e molto spesso, direttamente o per vie traverse, si rivela il frutto di una relazione malata. 

È un dramma degno di un film dei fratelli Coen quello che si è consumato ieri in un quartiere della Roma bene, tra via Guido Reni e via maresciallo Pilsudski. Una donna fatta a pezzi, come in una scena di Fargo, e abbandonata in vari cassonetti; un assassino che non si rende conto dell’esistenza di videocamere di sorveglianza, che pure lo sorvegliano, in bella mostra, dall’alto. Ma non è stata solo la scarsa lucidità dell’omicida a consentire la sua rovina, e a permettere che un delitto destinato, forse, a restare irrisolto per chissà quanto tempo, sia stato archiviato a tempo record.

La sbandata che rovistava nella spazzatura, e che ha trovato, con sommo orrore, due gambe umane, ha dato il primo allarme, evitando che sparisse nel nulla, il corpo del reato; la polizia ha fatto il resto, con le consuete tecniche di indagine. Tra le tante segnalazioni, figura proprio quella di una signora che mancava all’appello, in quella stessa zona; una donna di 59 anni, Nicoletta Diotallevi, di cui si erano perse le tracce. La signora aveva un fratello poco più grande di lei, Maurizio, che è stato inquadrato dalle videocamere, e che è stato subito raggiunto dalle forze dell’ordine in un palazzo del quartiere Flaminio, e quindi interrogato in commissariato. Non ci è voluto molto per spingerlo a confessare: è bastata l’evidenza incalzante delle immagini a farlo crollare. E qui, dopo la prima ammissione, sono emersi i litigi familiari, la relazione malata. Una sorella che, sola, forniva il sostentamento a entrambi, e che probabilmente veniva accusata di non elargire abbastanza. Ma anche questo non basterebbe a spiegare l’atrocità del gesto, che sia stato premeditato o consumato in un istante di lucida follia. Qualunque mezzo abbia usato per ucciderla, e quindi farla a pezzi, vengono meno sempre, in casi simili, le categorie razionali con cui cerchiamo di spiegare i fatti. Gli psichiatri sottolineano gli impulsi rimossi tra fratello e sorella, le rivalità che si cementano con il tempo, e che alla fine finiscono per incancrenirsi. E in questa assurda vicenda di Ferragosto, che lascia sgomenta la città, non si può non ricordare quelle coppie di fratelli, assassino e vittima, che restano solidamente ancorate nel nostro immaginario; dai biblici Caino e Abele agli stessi fondatori dell’Urbe, Romolo e Remo, che succhiarono avidamente il latte di una lupa.
*Autore di gialli
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