Signora Catani, cos’ha pensato quando la Corte ha pronunciato la sentenza di assoluzione?
«Ho pensato che fosse un’ingiustizia. Giuliano aveva una moglie e due bambini: ho pensato a loro. Non chiedo altro che avere giustizia, un ragazzo giovane è stato ucciso in modo così violento. Se non sono stati loro tre, che mi portassero il colpevole».
Perché Giuliano è stato ucciso?
«Quando è successo avevamo un problema economico in famiglia. Lo sapevano sono Giuliano e mio marito, che era molto malato e aveva prestato dei soldi a De Caro, che era un suo amico. Ci servivano indietro, perché rischiavamo di perdere la casa. Ho saputo solo dopo che se ne era occupato Giuliano, che aveva tentato di chiedere il denaro. La sera in cui è stato ucciso aveva appuntamento proprio per questo motivo. Poi abbiamo scoperto che De Caro aveva assoldato due persone che non conoscevamo per ammazzare mio figlio. Ce lo hanno detto gli investicatori. Lo hanno detto anche i giudici che in primo grado hanno condannato tutti e tre all’ergastolo».
Dopo la sentenza di assoluzione non vi sono venuti dubbi? Non pensate che, forse, il colpevole possa essere qualcun altro?
«E’ una domanda che ci siamo posti, ma abbiamo letto l’ordinanza di arresto, le intercettazioni, i messaggi. E’ tutto troppo lineare, abbiamo avuto una risposta, tutti i tasselli del puzzle sembrano combaciare alla perfezione. Come può un giudice decidere per l’ergastolo e un altro annullare tutto quanto? Io e la mia famiglia non accettiamo tutto questo. Ripeto: se non sono stati loro ci devono portare un altro colpevole. Non ci possono essere degli assassini liberi».
Avete sentito De Caro dopo l’omicidio?
«So solo che prima di essere arrestato è andato in ospedale a trovare mio marito, gli ha detto che quella sera non aveva incontrato Giuliano».
Come sono state condotte le indagini?
«La procura e la polizia giudiziaria hanno lavorato bene, si sono presi molto a cuore la vicenda. Non ci spieghiamo questa conclusione. Sappiamo anche che il pubblico ministero è pronto ad andare in Cassazione. Noi non abbiamo dubbi, perché le indagini ci hanno dimostrato che l’unica cosa strana nella vita di mio figlio era questa».
In che senso?
«Giuliano era una persona buona, aveva poche cose nella vita: la moglie, i figli, il lavoro, il calcetto. Non c’erano ombre o brutte amicizie. L’unica lite riguardava questi soldi. Pensi che la sera dell’omicidio era talmente tranquillo che aveva lasciato la sua pistola chiusa nello zainetto».
Per sapere il perché delle assoluzioni bisognerà attendere giugno, quando usciranno le motivazioni della sentenza. Davvero non avete dubbi?
«Questa per il momento è l’unica risposta che abbiamo, è l’unica risposta che ci hanno dato gli investigatori. Ripeto: se i colpevoli sono altri, li devono arrestare e condannare. Questo delitto non può restare impunito. Non è possibile che succeda una cosa simile dopo che una famiglia, oltre ad aver affrontato un dolore immenso, ha lottato tanto. Ci sentiamo poco rispettati anche solo come cittadini. Abbiamo sempre creduto nella giustizia, ma ci sono degli assassini che stanno in giro. Comunque lotteremo ancora, finché avremo speranza».
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