Roma, omicidio Colella senza colpevoli, la madre della vittima: «Devono condannare chi ha ucciso mio figlio»

Giuliano Colella, la guardia giurata uccisa
di Michela Allegri
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Martedì 25 Aprile 2017, 18:22 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 11:51
Quando ha sentito i giudici di secondo grado ribaltare la sentenza che aveva condannato all’ergastolo tre persone per la morte di suo figlio, per Laura Catani è stato come se quell’omicidio fosse stato commesso una seconda volta. Era il 27 marzo 2014, quando Giuliano Colella, guardia giurata di 37 anni, venne freddato con sette colpi di pistola davanti il piazzale del compattatore Ama di via di Rocca Cencia, periferia est della Capitale. Per quel delitto, Vincenzo De Caro, Marco De Rosa e Stefano Fedeli, vennero condannati all'ergastolo nel dicembre 2015. Un mese fa, la Corte d’assise d’appello ha capovolto la sentenza, assolvendo i tre imputati «per non aver commesso il fatto». De Caro, amico della famiglia Colella e considerato dalla procura di Roma il mandante dell’omicidio per una questione di soldi, è stato scarcerato, mentre gli altri due sono rimasti in carcere perché detenuti per altri reati. Ora, Laura, madre di Giuliano, vuole giustizia: «Voglio alzare la voce, deve uscire la verità».

Signora Catani, cos’ha pensato quando la Corte ha pronunciato la sentenza di assoluzione?
«Ho pensato che fosse un’ingiustizia. Giuliano aveva una moglie e due bambini: ho pensato a loro. Non chiedo altro che avere giustizia, un ragazzo giovane è stato ucciso in modo così violento. Se non sono stati loro tre, che mi portassero il colpevole».

Perché Giuliano è stato ucciso?
«Quando è successo avevamo un problema economico in famiglia. Lo sapevano sono Giuliano e mio marito, che era molto malato e aveva prestato dei soldi a De Caro, che era un suo amico. Ci servivano indietro, perché rischiavamo di perdere la casa. Ho saputo solo dopo che se ne era occupato Giuliano, che aveva tentato di chiedere il denaro. La sera in cui è stato ucciso aveva appuntamento proprio per questo motivo. Poi abbiamo scoperto che De Caro aveva assoldato due persone che non conoscevamo per ammazzare mio figlio. Ce lo hanno detto gli investicatori. Lo hanno detto anche i giudici che in primo grado hanno condannato tutti e tre all’ergastolo».

Dopo la sentenza di assoluzione non vi sono venuti dubbi? Non pensate che, forse, il colpevole possa essere qualcun altro?
«E’ una domanda che ci siamo posti, ma abbiamo letto l’ordinanza di arresto, le intercettazioni, i messaggi. E’ tutto troppo lineare, abbiamo avuto una risposta, tutti i tasselli del puzzle sembrano combaciare alla perfezione. Come può un giudice decidere per l’ergastolo e un altro annullare tutto quanto? Io e la mia famiglia non accettiamo tutto questo. Ripeto: se non sono stati loro ci devono portare un altro colpevole. Non ci possono essere degli assassini liberi».

Avete sentito De Caro dopo l’omicidio?
«So solo che prima di essere arrestato è andato in ospedale a trovare mio marito, gli ha detto che quella sera non aveva incontrato Giuliano».

Come sono state condotte le indagini?
«La procura e la polizia giudiziaria hanno lavorato bene, si sono presi molto a cuore la vicenda. Non ci spieghiamo questa conclusione. Sappiamo anche che il pubblico ministero è pronto ad andare in Cassazione. Noi non abbiamo dubbi, perché le indagini ci hanno dimostrato che l’unica cosa strana nella vita di mio figlio era questa».

In che senso?
«Giuliano era una persona buona, aveva poche cose nella vita: la moglie, i figli, il lavoro, il calcetto. Non c’erano ombre o brutte amicizie. L’unica lite riguardava questi soldi. Pensi che la sera dell’omicidio era talmente tranquillo che aveva lasciato la sua pistola chiusa nello zainetto».

Per sapere il perché delle assoluzioni bisognerà attendere giugno, quando usciranno le motivazioni della sentenza. Davvero non avete dubbi?
«Questa per il momento è l’unica risposta che abbiamo, è l’unica risposta che ci hanno dato gli investigatori. Ripeto: se i colpevoli sono altri, li devono arrestare e condannare. Questo delitto non può restare impunito. Non è possibile che succeda una cosa simile dopo che una famiglia, oltre ad aver affrontato un dolore immenso, ha lottato tanto. Ci sentiamo poco rispettati anche solo come cittadini. Abbiamo sempre creduto nella giustizia, ma ci sono degli assassini che stanno in giro. Comunque lotteremo ancora, finché avremo speranza».
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