Roma, si suicida in carcere dopo la morte della figlia: doveva essere sorvegliato a vista

Roma, si suicida in carcere dopo la morte della figlia: doveva essere sorvegliato a vista
di Adelaide Pierucci
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Lunedì 27 Marzo 2017, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 08:09

Non sarebbe stato controllato in cella per quarantacinque minuti Vehbjia Hrustic, il detenuto bosniaco che non ha resistito al dolore per la morte della figlioletta di un anno e, nella notte tra venerdì e sabato, si è impiccato con le lenzuola in bagno. La direzione di Regina Coeli e gli agenti in servizio, ora, dovranno spiegare alla procura come mai, a poche ore dalla notifica, non sia stata rispettata l'ordinanza del magistrato di sorveglianza, che disponeva di controllare quasi a vista (ogni quarto d'ora) il detenuto.
Il pm Laura Condemi, che ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio, ieri, ha delegato l'acquisizione della cartella clinica del detenuto e della relazione psichiatrica sollecitata dal Tribunale per valutare l'istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati e respinta il giorno prima del suicidio. «Hrustic dal 13 marzo - aveva scritto il giudice - è stato preso in carico dal servizio di psichiatria dell'istituto per lo stato ansioso reattivo manifestato dopo la morte della figlia, gravemente malata fin dalla nascita. Sottoposto a terapia farmacologica e psicologica di supporto, allo stato non presentava particolari problematiche di trattamento e appare in grado di elaborare il lutto». Nonostante le rassicurazioni della relazione psichiatrica il giudice, però, aveva dato ordine di sottoporre «A scopo precauzionale la grande sorveglianza del detenuto», con ispezioni, appunto, ogni quindici minuti. Il letto del bosniaco è stato ritrovato vuoto alle due e mezza di notte. L'ultimo controllo era stato fatto almeno quarantacinque minuti prima. Una morte annunciata, secondo i parenti. Il detenuto, che era entrato in profonda depressione dopo i funerali della figlioletta celebrati il 10 marzo nella moschea di Villa Bonelli, si era sfogato con il suo difensore, l'avvocato Michela Renzi: «Vado da lei, vado dalla mia Iana. Ha bisogno di me. Non ce la faccio più. Forse se non fossi stato detenuto l'avrei salvata». La piccola era rimasta ricoverata per alcuni mesi al Bambino Gesù, ma il padre, detenuto da agosto con l'accusa di tentato omicidio, non le aveva mai potuto far visita. Il pm ha disposto l'autopsia. Il corpo sarà tumulato in Bosnia.