Roma, parla la turista stuprata a Colle Oppio: «Voleva uccidermi»

Roma, parla la turista stuprata a Colle Oppio: «Voleva uccidermi»
di Alessia Marani
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Martedì 18 Ottobre 2016, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 17:56

«Il ricordo di quella terribile notte mi tormenta. Non metterò mai più piede a Roma. A un turista non dovrebbero accadere cose del genere. Non bisogna fidarsi di nessuno». Rosy (è un nome di fantasia) oggi tornerà a casa sua, in Australia, riabbraccerà la figlia e si stringerà all'affetto degli amici più cari. Quella «terribile notte», tra il 2 e il 3 ottobre, lei, turista 49enne, è stata selvaggiamente picchiata, rapinata e violentata nel parco del Colle Oppio, a due passi dal Colosseo. Per quel crimine è finito dietro le sbarre un pregiudicato romeno di 40 anni, Eduard Oprea, un senza fissa dimora che continua a dichiararsi estraneo allo stupro e che si è sottoposto al test del Dna, i cui risultati si sapranno tra qualche giorno.

Rosy lei oggi (ieri, ndr) ha raccontato per la prima volta al giudice che cosa è successo. Che ricordi ha?
«Sì, non è stato facile perché sto davvero molto male. Quell'uomo mi ha colpito duramente, con una ferocia enorme. Sono sicura che voleva ammazzarmi. Quando penso a quei momenti, mi sento ancora peggio, mi gira la testa. Ho detto al giudice che c'era solo lui con me quella notte, che ha fatto tutto lui».

Oprea sostiene che eravate stati avvicinati da altri due stranieri e che lei li ha allontanati parlando in lingua araba. Che lui con la violenza non c'entra.
«Tutte falsità, invenzioni per procurarsi un alibi. Non si è avvicinato nessuno quella sera e io non parlo l'arabo. Conosco solo la mia lingua, l'inglese, e un po' di persiano perché ho origini iraniane. C'era solo lui con me, non abbiamo incontrato nessun altro. Mi ha sferrato un colpo fortissimo in pieno volto, mi ha spaccato il naso. Una violenza bestiale, sono crollata a terra stordita, non ricordo poi che cosa è successo ma quando dopo pochi minuti mi sono risvegliata, erano spariti tutti i miei gioielli, l'orologio, la borsa, i soldi, il telefonino e avevo i segni della violenza all'inguine».

Il giudice ha insistito molto nel chiederle se fosse ubriaca, forse perché i test alcolemici in ospedale hanno rilevato dati non conformi. Quella sera lei era stata al Twins, un locale vicino alla stazione Termini e lì aveva incontrato Oprea. Aveva bevuto molto?
«No, assolutamente. Avevo bevuto solo due bicchieri di aperol misto a champagne. Il barman può confermarlo. Ho pagato con la carta di credito, basta chiedere l'estratto conto per verificare il prezzo dei due drink».

Dopo il Twins che cosa avete fatto?
«Ero venuta a Roma per stare tre giorni, avevo incontrato un amico che però era ripartito quella sera stessa. Io dovevo prendere l'aereo la mattina successiva. Ho pensato di fermarmi a prendere qualcosa in quel locale, ma io a quel romeno ho chiesto semplicemente delle indicazioni per tornare in hotel perché avevo paura di perdermi. Lui si è offerto di mostrarmi la via, invece mi ha portato in una direzione sbagliata. Quando siamo arrivati in un punto più isolato, mi ha spinta in un angolo e ha fatto quello che ha fatto. Mi sono sentita morire».

Il gip le ha anche mostrato alcuni oggetti ritrovati in possesso di Oprea al momento dell'arresto e che apparterrebbero a lei, li ha riconosciuti?
«Sì erano alcuni monili, ma mancano tutti i miei diamanti, è sparita gran parte dei cinquemila dollari australiani che avevo con me, tutti i 300 pounds e i 200 euro. Non c'era il portafogli e neanche il telefonino. Mentre ero in ospedale e poi in albergo ho avuto problemi di denaro perché non avevo più niente».

Si è sentita sola, ha avuto paura in questi giorni?
«Moltissimo. Ero spaventata, disorientata, con questi mal di testa dolorosissimi. Per giorni non sono riuscita nemmeno a lavarmi i capelli. Mia figlia è lontana e ho avuto tante difficoltà anche perché non parlo una parola di italiano. Ora non vedo l'ora di andarmene, solo questo pensiero mi dà un minimo di sollievo».

Riprenderà il suo lavoro?
«Ecco un'altra nota dolente. Avevo appena lasciato il mio lavoro come modella per una casa di moda a Melbourne e prima di cominciare con un nuovo impegno avevo programmato questi tre giorni di relax a Roma. Ho subito danni fisici pesantissimi, ho il volto tumefatto, il naso spaccato, avrò ripercussioni per le botte alla testa chissà per quanto tempo e per me tornare al lavoro sarà difficilissimo. Chi mi ripagherà per tutto questo? Una ferita che non si rimarginerà mai».

Era il suo primo viaggio a Roma, pensa che magari, in futuro, quando starà meglio, potrà tornare?
«Adesso voglio solo partire, non rimettere più piede qui. Quella terribile notte in cui mi sono sentita morire è un incubo, un tormento, un'ossessione senza fine. Non bisogna fidarsi di nessuno. Ero solo venuta per rilassarmi, per una vacanza e invece».

Il suo aguzzino però è in galera.
«Spero che ci rimanga per sempre».

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