La mappa segreta del Colosseo portata alla luce da Napoleone

La mappa segreta del Colosseo portata alla luce da Napoleone
di Laura Larcan
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Martedì 12 Luglio 2016, 10:49 - Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 22:03

Il sogno di un visionario come Napoleone Bonaparte, un monumento di culto come il Colosseo, un architetto dal nome illustre come Luigi Valadier (figlio primogenito del più noto Giuseppe).

 
Sono i protagonisti di una storia quasi del tutto sconosciuta che si è consumata nell'estate del 1814, ma che si sta riscrivendo in queste ore all'Archivio di Stato di Roma. Perché nei depositi dell'istituto di Sant'Ivo alla Sapienza, in una camera blindata che custodisce un corpus di documenti extravagantes, si sta riscoprendo il monumentale album del Valadier junior intitolato Icnografia dell'arena dell'Anfiteatro Flavio detto Colosseo. L'opera raccoglie tredici tavole con disegni a china, acquerello e tempera (fogli lunghi oltre un metro e mezzo) che riproducono con la precisione di un ingegnere, l'estro cromatico di un artista e la suggestione di un paesaggista, tutte le strutture dei sotterranei del Colosseo. «Siamo di fronte ai primi rilievi scientifici del complesso degli ipogei del Colosseo, riportato alla luce per la prima volta con il disfacimento dell'arena voluta da Napoleone Bonaparte quando nel 1809 la Consulta straordinaria per gli stati romani, ossia l'organo del governo francese che si era sostituito allo Stato pontificio, decretò l'avvio dei lavori di scavo che iniziarono di fatto nel 1811», racconta Orietta Verdi, vicedirettore dell'Archivio di Stato.
 
IL VENTRE
Eccola, dunque, la prima fotografia del ventre del Colosseo, il labirinto di tunnel, nicchie, volte e darsene che garantivano la macchina da spettacolo più grande dell'antichità, così come volle riportarlo alla luce per la prima volta Napoleone. In queste ore, nei laboratori dell'Archivio Orietta Verdi sta ristudiando le grandiose pagine di un tesoro d'arte (con tanto di intervento di restauro), pronte a calamitare l'attenzione da parte di archeologi e speleologi. Soprattutto ora con il debutto della seconda fase del restauro del Colosseo griffato Tod's e Diego Della Valle dedicata ai sotterranei e alla ricostruzione dell'arena.

La storia della scoperta dell'album del Valadier junior viene da lontano. Alla fine degli anni 80 del secolo scorso, un gruppo di giovanissimi archivisti venne incaricato di riordinare nelle soffitte di Sant'Ivo alla Sapienza un cumulo di piante e cartografie non identificate. Riemersero documenti dedicati al Colosseo, ma solo tra il 1997 e il 98 cominciò l'identificazione, grazie all'intuizione dell'archeologo Gianluca Schingo. Carte note fino ad oggi solo ad un ristretto gruppo di studiosi, ma mai divulgate nella loro interezza al grande pubblico. E che ora potrebbero prendersi la loro rivincita con un progetto di valorizzazione. I documenti d'altronde rievocano una vicenda degna di un film. «Alla metà del Settecento Benedetto XIV aveva dichiarato sacra l'arena del Colosseo perché pregna del sangue dei martiri cristiani, e aveva fatto installare le dodici stazioni della Via Crucis», racconta la Verdi.

L'arrivo dei francesi a Roma segnò una svolta epocale. «Si trattò di una cesura politica forte - dice la Verdi - perché lo Stato di Napoleone si imponeva con uno spirito laico e sulla base di questa visione il Colosseo divenne l'oggetto di nuove indagini». Via l'arena, dunque (non senza scatenare un acceso dibattito antiquario). Svelare gli ipogei divenne una priorità, magari anche con l'ambizione di intercettare statue o marmi inediti da collezionare. «I lavori andranno avanti fino al 1814 nel solco del progetto di Napoleone, nonostante il governo provvisorio murattiano e poi il ritorno dei Pontefici», osserva la Verdi. Fu il cardinal Rivarola, sotto Pio VII, a incaricare Luigi Maria Valadier di eseguire i rilievi dei sotterranei, i primi mai realizzati con criteri moderni. Ebbe a disposizione i quattro mesi estivi. Cominciò nel giugno del 1814. Lavorava assistito da una squadra di 160 detenuti condannati a picconare quel bagno penale del Colosseo. Doveva sbrigarsi. La decisione estrema fu quella di reinterrare l'arena scavata entro l'autunno.

MOTIVAZIONE
La motivazione ufficiale era legata alla falda acquifera riaffiorata con gli scavi che rischiava di deteriorare le murature. Lo stesso Valadier junior racconta di aver dovuto «travagliare giorno e notte fra l'acqua e la terra per copiare fedelmente li più minimi dettagli». Va immaginato immerso nell'acqua mentre esegue (anche alla luce di torce) i rilievi dei nicchioni presso il podio delle belve feroci, o l'infilata di muri coronati da archi titanici. Distinguendo attraverso i colori le varie epoche di tufi e travertini. Il compenso, arrivato solo nel 1833, fu di 420 scudi. Ma come precisa la Verdi: «Rifare l'arena significò anche ricucire la ferita politica inferta da Napoleone alla Chiesa». E oggi l'arena del Colosseo continua a scrivere pagine di storia.

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