A Piovarolo il neoassunto capostazione di terza classe Antonio La Quaglia, Totò, faceva servizio per due soli treni al giorno. Oggi, per quella stessa stazione (un set fu allestito proprio in quella di via di Salone) ci passano al massimo tre treni all'ora, principalmente per Roma Tiburtina e Lunghezza. E la piccola stazioncina deserta di Piovarolo, vive con una spada di Damocle sulla testa: il campo rom a pochissima distanza. Per questa ragione, continua a essere praticamente deserta. Sperduta, un po' come la sua gemella Piovarolo.
I cittadini hanno paura a prendere il treno e puntano i piedi: vogliono la definitiva chiusura del campo di via di Salone e la riqualificazione della stazione della linea Fl2 che servirebbe i residenti di Settecamini, Case Rosse e del Tecnopolo Tiburtino. In una lettera al presidente della Regione Francesco Rocca, al sindaco Roberto Gualtieri, al presidente del VI Municipio Nicola Franco, chiedono di realizzare «un parcheggio di scambio a servizio dei viaggiatori della stazione ferroviaria al posto del campo nomadi» e, nei 30.000 metri quadri dell'area, di creare «un'isola ecologica», a servizio dei quartieri e delle aziende della Tiburtina Valley.
LA CRITICITÀ
La stazione vive da tempo questo rapporto davvero pesante con il campo rom: già venne chiusa dal 2002 al 2010 per motivi di ordine pubblico e per riaprirla sono stati investiti circa 3 milioni di euro. «Commettevano atti vandalici oltre che alle auto anche ai treni e ai passeggeri», racconta Caterina Crimeni, presidente del Comitato di quartiere di Settecamini.
«Su questo già il presidente del VI Municipio ha dimostrato interesse e volontà a procedere - prosegue la presidente del Comitato di quartiere di Settecamini - Subiamo oltre al danno anche la beffa: viviamo in una situazione di sicurezza precaria, per questo chiediamo il ripristino di una situazione di legalità, ma anche la scarsa erogazione dei servizi, e di servizi essenziali». «Abbiamo avviato un progetto per il superamento del campo - dice il presidente del VI Nicola Franco - Via di Salone è l'unico di Roma che non aveva associazioni che vi operavano. Oggi c'è una rete e grazie a un censimento sappiamo che ci sono circa 350 rom: è il suo minimo storico. L'età media è di 23 anni e loro stessi ci hanno detto che da lì vogliono andar via. Grazie a un progetto di avviamento al lavoro e di formazione entro il 2026 contiamo sulla loro uscita e sulla definitiva chiusura della struttura».