Il Regina Elena è un Irccs (istituto di ricovero e cura di carattere scientifico), per l’oncologia è punto di riferimento nel Lazio. Secondo i medici dell’istituto si prospetta una riduzione della ricerca, perché mancheranno «laboratori organizzati in Strutture complesse includenti le aree e i programmi di maggiore prospettiva nell’area oncologica». Non c’è un Dipartimento di Medicina oncologica distinto e autonomo da quello di Chirurgia oncologica, l’atto aziendale propone un numero di Dipartimenti molto inferiore a quello degli analoghi istituti italiani. L’analisi dei medici in stato di agitazione punta il dito contro la scelta di ridurre la parte clinica e di ricerca ma di aumentare sensibilmente la componente amministrativa. Viene contestata la scomparsa di Chirurgia gastrointestinale, eppure i tumori del colon-retto e dello stomaco rappresentano «il secondo e il nono tumore per incidenza nella popolazione italiana». Altre critiche dei sindacati dei medici: il depotenziamento di Neurochirurgia, la frammentazione di Medicina oncologica (oggi ci sono già due unità complesse, verranno create tre unità semplici non coordinate tra di loro), l’avvio di Piattaforme di degenza chirurgica e oncologica a direzione infermieristica («modello attuato in Toscana ma già abbandonato»), la soppressione della Banca del tessuto muscolo-scheletrico. C’è il rischio che la città di Roma subisca una perdita ulteriore e le centinaia di migliaia di malati di cancro della nostra Regione risulteranno fortemente svantaggiati e saranno costretti ad emigrare per ricoveri e cure adeguate. Replica il direttore generale dell’Istituto, Francesco Ripa Di Meana: «Pur nei vincoli da rispettare del decreto 70, abbiamo puntato sul rafforzamento del Regina Elena, sulle Unità semplici dipartimentali perché questo ci consentirà di affidare responsabilità ai professionisti interni, con un’età media più bassa, pensando sull’innovazione la valorizzazione del nostro personale. Apriamo al futuro. D’altra parte non tutti i sindacati hanno questa posizione critica. E c’è anche un rilancio della ricerca». Fatto sta che la stragrande dei medici appoggia la protesta. Ora la parola spetta alla Regione che dovrà dirimere la questione che chiama in causa i malati di cancro e le loro famiglie.
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