La Loggia e quegli affreschi ritornati

La Loggia e quegli affreschi ritornati
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Domenica 29 Gennaio 2017, 10:02
C'è un luogo, perlopiù sconosciuto in città, che più di tanti altri ne dimostra la stratificazione nei secoli, ma anche la dispersione d'arte che si è avverata, soprattutto durante l'Ottocento: è la loggia Mattei, posta in cima al Palatino. Non lontana, c'era la Casa d'Augusto. Poi sorgono oratori cristiani e vi si rifugiano anche dei monaci giunti dall'Oriente. La zona è fortificata dai Frangipane; e nella chiesa di San Cesario, quasi alla chetichella, nel 1145 è eletto papa Eugenio III, forse un Paganelli di Montemagno.
Nel Quattrocento, vi sorge una villa. La vuole Cristoforo Stati: un cognome che ormai si è perso, ma che all'Urbe dà perfino un Conservatore. Accanto, s'insediano i Farnese (i loro Horti); la villa è dei Mattei, poi degli Spada, ecc., finché non diventa di un inglese, Guglielmo Gell; e dello scozzese Carlo Mills, il Ciambellano della principessa di Galles. Che trasforma l'edificio in neogotico, lo dipinge di rosso, con pinnacoli e guglie, bifore e trifore, altro ancora. Insomma, una gran bella frequentazione e una serie di trasformazioni di un territorio che un tempo costituiva il «cuore» dell'Urbe. Nel 1856, la villa passa alle monache della Visitazione; e così, l'elegante giardino diventa un orto del convento.
LE PITTURE
In epoca Mattei, su cartoni di Raffaello, aveva affrescato l'edificio Baldassarre Peruzzi. Ma già le suore staccano e vendono le scene troppo pagane e nude, per sostituire otto quadri mitologici con altri dipinti. Sono 26, andati poi al Metropolitan di New York, anche tramite Giampietro Campana: forse il massimo collezionista del secolo in tutta Europa, e direttore per 20 anni del Monte di Pietà. Ma il suo, è lo scandalo più grave prima di quelli Banca Romana, o Michele Sindona (assai più recenti, ma pure ben maggiori): comprava arte con i soldi dei clienti. Arrestato, esiliato: si vende ogni cosa all'estero. Gli affreschi, appunto, al banchiere bancarotto; ma poi divisi tra il Metropolitan a New York, e l'Ermitage a San Pietroburgo.
DEMOLIRLA?
Le suore provano ad ampliare il loro complesso: c'è ancora un'ala più recente del progetto. Se ne vanno nel 1906, e tutto diventa dello Stato. Che vorrebbe demolire, però ci riesce soltanto in parte: la loggia, per fortuna, esiste ancora; e ne sopravvive, per esempio, il soffitto, decorato con grottesche pompeiane. Ma molto è perduto: lo Stato stacca dei paesaggi: chissà dove sono e se esistono ancora.
Della famiglia protettrice di Caravaggio, cui commissiona almeno tre dipinti (il San Giovannino dei Capitolini; la Cena in Emmaus della Nazional di Londra; e la Cattura di Cristo, scoperta a Dublino da Sergio Benedetti), la villa, acquistata nel 1561 da Paolo Mattei e giunta in eredità ad Asdrubale patrono dell'arte e dell'architettura, che per le proprie nozze con Costanza Gonzaga di Novellara la restaura e decora dei nuovi affreschi, restano soltanto il nome e il ricordo.
LE SCENE
Nel 1998 le lunette cedute dalle monache sono tornate, con gesto scientificamente squisito del Metropolitan, come un prestito. E perfino al loro posto: ora si può rivedere quel decoro di Peruzzi. L'ha studiato e restaurato anche Paolo Forcellino, che ha dedicato anni della propria vita al Mosè di Michelangelo. Mancano soltanto le scene dell'Ermitage.
E ci sono i segni zodiacali, in dodici tondi (Peruzzi aveva già mostrato la sua sapienza sull'argomento nella loggia di Galatea alla Farnesina, in cui individua la posizione delle stelle nella data di nascita di Agostino Chigi); c'è tutto il mondo delle Muse con tante Venere (perciò alle suore non piaceva): ne vengono tratte perfino molte stampe, che si possono ancora vedere. Le mani non sono sempre le stesse: Peruzzi si era avvalso della bottega, che non conosciamo. Però, non siamo lontani dall'impianto delle Logge vaticane di Raffaello. Ma quanti lo sanno, e ci vanno sapendo tutti questi risvolti?
Fabio Isman
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