Quel mausoleo che nessuno conosce

Quel mausoleo che nessuno conosce
di Fabio Isman
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Domenica 20 Novembre 2016, 10:04
Forse perché non è nella sua area centrale, Roma possiede un monumento bellissimo e importantissimo, che nel passato ha restituito tesori di incomparabile valore e si riesce ad apprezzare ancora, ma che pochissimi conoscono: visitato, nel 2015, appena da 205 persone; è aperto, su prenotazione, ai gruppi. E' al Quadraro, in piazza dei Tribuni: in un piccolissimo parco al quarto chilometro di via Tuscolana, poco oltre Porta Furba. Probabilmente era il mausoleo di Alessandro Severo; ha restituito, ad esempio, un sarcofago con sopra due nobili personaggi distesi (potrebbero essere l'imperatore e la madre Mamea), ora ai musei Vaticani. Ma, soprattutto, una tra le antichità più desiderate e apprezzate da sempre, il «Vaso Portland»: il più famoso vetro a cammeo del mondo che si è salvato dai naufragi dell'antico, ed è al British museum di Londra; tra breve, ne racconteremo le mille peripezie.

IL SEPOLCRO
Oggi, in mezzo alla piazza, si vede una collinetta. E' il Monte del grano, così chiamato perché sembra una sua misura rovesciata. Sotto, c'è un corridoio di 20 metri, alto poco più di un metro e mezzo, rivestito di mattoni: conduce alla camera sepolcrale, coperta a cupola, del diametro di dieci metri; ormai, vi si entra da un portale successivo, in marmo. Due lucernari obliqui ne garantivano l'illuminazione e nel 1505 vi fu costruita sopra una torre, distrutta però da una bufera di vento, nel 1900: la si vede ancora in un'incisione di Giovanni Battista Piranesi. Ma come il monumento fosse all'esterno, non si sa; e non tutti sono nemmeno d'accordo nell'attribuirlo ad Alessandro Severo.

IL REPERTO
Qui, un tal Fabrizio Lazzaro scava il Vaso Portland nel 1582: è alto 25 centimetri, in vetro blu cobalto scuro, e bianchi cammei, e sarebbe del I secolo a.C.. Lo troviamo citato per la prima volta nel 1601: nella collezione del cardinal Del Monte, il primo protettore di Caravaggio, che viveva a Palazzo Madama. Alla sua morte, passa ai Barberini nel 1628; e ci resta fino al 1778, quando Cordelia Colonna Barberini, «sfortunata alle carte», lo cede a un mercante svizzero, da cui lo compra sir William Hamilton, archeologo e ambasciatore inglese a Napoli. Era anche un commerciante: due anni dopo, lo vende alla duchessa di Portland, dal che il nome, che sostituisce quello antico di «Vaso Barberini». Facciamola breve: dal 1810, è il mostra al British, che lo acquista nel 1945. Ma nel 1845, un tale un insano di mente (secondo il tribunale), dopo un week end di bevute (secondo il processo), lo fracassa. Condannato (tutto il mondo è paese) a tre sterline di multa, o due mesi in prigione: vi resta finché qualcuno non paga per lui. Tre restauri, per fortuna, hanno restituito il Vaso (quasi) nelle sue primitive e sfolgoranti condizioni.

RICCHEZZA
La zona era già nota in antico: la descrive Antonio Nibby; vi sono ritrovate anche altre preziose sculture che sono ai Vaticani: il Cupido, l'Adone e il preteso Licurgo; «che il luogo fosse ricco, ne fan prova il discoprimento dei tre celebri monumenti di scultura». Oggi è, ovviamente, tutto disadorno; ma se ne apprezza ancora in pieno la struttura, ed è bellissimo: con i travertini e i segni del pavimento antico. La camera sepolcrale era su due piani divisi da una volta, da tempo crollata: ne rimangono le tracce. Un raro edificio semisotterraneo. Il sarcofago che conteneva è imponente, decorato con un mito di Achille, i personaggi a rilievo sono assai numerosi. Flaminio Vacca ne descrisse il ritrovamento già nel 1594: va a Palazzo dei Conservatori in Campidoglio, e dal 1817 ai Musei d'Oltretevere. Leggenda vuole che il monticello in antico fosse un rilievo formato da grano, divenuto terriccio perché raccolto di domenica, nel giorno festivo. Sarebbe il terzo tumulo funerario più vasto nell'Urbe, dopo la Mole Adriana e il Mausoleo di Augusto; per Piranesi, «uno dei più superbi sepolcri della romana grandezza». Che (quasi) nessuno però conosce.