Quelle tre biblioteche-monumento

Quelle tre biblioteche-monumento
di Fabio Isman
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Venerdì 21 Ottobre 2016, 22:00
L’Angelica fu la prima pubblica, nella stanza da letto di Filippo Neri la "Vallicelliana", la "Casanatese" sorge in un convento

LA STORIA
Le biblioteche pubbliche che fanno parte del SBN, Servizio bibliotecario nazionale, nella Capitale sono 56. Non è un errore di stampa: ne esistono di tutti i tipi. Ma almeno tre sono abbastanza uniche, e davvero incomparabili: l’Angelica, la Casanatense e la Vallicelliana, le più antiche. Lasciamo perdere i progetti di Giulio Cesare, che intendeva erigerne una in latino ed una in greco, e dimentichiamo quelle dell’Urbe classica: in tempi meno remoti, l’Angelica è la prima pubblica in città, e tra le prime in Europa, creata nel 1604 dal vescovo agostiniano Angelo Rocca, titolare della cattedra di Sacre Scritture alla Sapienza.

Il suo fondo antico è di 120 mila volumi, e i suoi locali di una bellezza assoluta. Possiede uno tra gli erbari più remoti, disegnato dal marchigiano Gherardo Cybo nel 1532; e nel 1765 fu rifatta da Luigi Vanvitelli: suo, ad esempio, uno straordinario salone di lettura. Nel tempo, ha incamerato altre storiche collezioni tra cui quella di Domenico Passioniei, cardinale e inviato pontificio in tanti Paesi protestanti, che ne raddoppiò l’originale consistenza.

Qui ha sede, da tanti anni, l’Accademia dell’Arcadia. Bello ricordare che in essa il fondatore della raccolta si faceva chiamare Timagora Adramiteno. Purtroppo, l’istituto apre fino alle 19 per tre giorni, e per altri tre soltanto la mattina. È un fulcro, ovviamente, per chi studi opere e vita di Sant’Agostino. Un suo tesoro è il Codex Angelicus, manoscritto in greco del Nuovo Testamento, del IX secolo, pergamena di 189 fogli.

PIÙ PICCOLA
È invece di minore consistenza, 400 mila volumi, ma essa pure d’origine ecclesiastica, la Casanatense, nel convento di Santa Maria sopra Minerva, allora dei Domenicani: nata nel 1701, e già pubblica, per i libri d’un altro cardinale, Girolamo Casanate. Il salone monumentale mostra due globi, terrestre e celeste, disegnati, nel 1716, da Silvestro Amanzio Maroncelli, cartografo veneziano nato a Fermo, dove, per volere del cardinale Decio Azzolino, consigliere di Cristina di Svezia, la sala del Mappamondo ne ospita uno dei capolavori.

In quelli romani, l’emisfero australe del globo celeste ne mostra il raro autoritratto; e invece, in quello boreale, è l’effigie del cardinal Casanate. La parte originaria dell’istituto, nel chiostro del convento, resta come era: sala con doppio ordine di scaffali, distinti da cartigli di legno dove si leggono ancora le indicazioni di scienze e discipline.
Un altro tuffo nel passato: nei tempi del cardinale fondatore, che fu anche inquisitore a Malta, incarico allora assai delicato anche politicamente; aveva ereditato la passione dei libri dal padre, e ne lasciò ben 25 mila di ogni tipo. Le due sale di consultazione ospitano 30 posti; e, oltre ai libri, anche importanti oggetti; ad esempio, 875 calchi da antiche pietre incise nel Settecento, ed altro. Ai mappamondi di Maroncelli, circonferenza di cinque metri ognuno, si accompagnano le opere di Giovanni Battista Audiffredi: bibliotecario, domenicano, cui di deve anche un catalogo dell’istituto, e speculatore nell’osservatorio di Palazzo Caetani a Sermoneta, di cui edificò la meridiana. Purtroppo, la penuria di personale, d’estate ne permette l’apertura soltanto fino alle 15.

IL BORROMINI
A Filippo Neri è invece legata la Vallicelliana, sorta nel 1565. La prima sede era la sua stanza da letto, in parte distrutta dai razzi festosi per l’elezione di Paolo V nel 1620. Riedificata da Francesco Borromini, dal 1637, nella forma attuale, con pochi rifacimenti successivi.

In sala, agli angoli, quattro scale a chiocciola sono nascoste con finti dorsi di volumi; la illuminano 16 finestre; e gli scaffali, con due ordini di palchetti e un ballatoio, sono quelli del XVII secolo. Anche qui due mappamondi, celeste e terrestre, di fine XVI; per queste sale sono passati nomi come Cesare Baronio e Virgilio Spada. Possiede 130 mila volumi e importanti carte geografiche. Non sono solo tre biblioteche: ma altrettanti autentici monumenti di un passato che fu quanto mai insigne.
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