Ma è esistita davvero un'architettura fascista?

Ma è esistita davvero un'architettura fascista?
di Pietro Piovani
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Giovedì 12 Ottobre 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 01:39
Al Newyorker sembra ignorino le basi
della storia dell’architettura moderna.
Non esiste un’architettura “fascista”.
@EnricoCannas


Sulla rivista statunitense “The New Yorker” la storica Ruth Ben-Ghiat si è chiesta con un certo stupore come mai «gli italiani» non abbiano ancora abbattuto il Colosseo quadrato e gli altri monumenti dell’epoca mussoliniana; noi, «gli italiani», ci siamo risentiti e abbiamo accusato «gli americani» di non capire la nostra cultura. Rassegniamoci, ormai nelle discussioni si procede così, per generalizzazioni incrociate. C’è però un’altra domanda che raramente ci si pone, sia in America sia in Italia: siamo proprio sicuri che esista un’architettura fascista? E se invece il mito dell'architettura del duce (abitualmente inserita nell'elenco delle «cose buone», subito dopo i treni che arrivavano in orario) fosse appunto solo un mito, una leggenda metropolitana?

Uno sguardo meno animoso e politicizzato sulla storia dell’arte moderna ci può far scoprire che gli architetti del Ventennio sono i diretti eredi di quelli che avevano disegnato l’Italia post-risorgimentale, e che lo stile prima neoclassico e poi razionalista da noi superficialmente identificato con la retorica del regime in realtà si ritrova tale e quale nelle costruzioni novecentesche delle più democratiche capitali occidentali, a cominciare da Washington che a noi romani è sempre sembrata una piccola Eur. Potremmo insomma aver scambiato una tendenza artistica internazionale per un'invenzione culturale della nostra dittatura.

Qualcuno potrebbe dire: va bene, lasciamo stare i palazzi, ma almeno i simboli fascisti li vogliamo rimuovere? Ecco un’altra questione complessa molto più di quanto sembri. È difficile capire come sia giusto regolarsi, ad esempio, con i fasci littori, che non sono affatto un’esclusiva fascista essendo stati a lungo un emblema della sinistra operaista: nella Roma di fine Ottocento un giornale socialista radicale si chiamava “Il Fascio della democrazia” e i fasci fiorivano su statue e palazzi, mentre a Washington sorgeva un monumento ad Abramo Lincoln dove il presidente americano è seduto su due possenti fasci littori. Come direbbe il Minniti imitato dal comico Crozza: non regaliamo i fasci al fascismo.

pietro.piovani@ilmessaggero.it
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